Il dibattito sulla cittadinanza, in questo periodo, è molto acceso. Sono tanti gli appelli con cui si sollecita un cambiamento della legge sulla cittadinanza, che attualmente obbliga i figli di cittadini di origine straniera ad aspettare i 18 anni per inoltrare domanda di cittadinanza, anche se nati in Italia o arrivati in giovanissima età.
A quanto pare, però, possono sorgere dei problemi anche se il genitore è italiano, almeno stando a quanto successo a Pordenone, in Friuli Venezia Giulia, pochi giorni fa.
Ecco i fatti: un cittadino italiano inoltra al Comune di Pordenone la domanda di iscrizione del figlio all’anagrafe. Il Comune risponde con una lettera di “preavviso di rigetto”. Il figlio non può essere iscritto all’anagrafe perché il suo passaporto è nigerino.
Il padre infatti proviene dal Niger, ma nel 2008 ha ottenuto la cittadinanza italiana. Il figlio è nato in Niger. Dopo aver provato, senza riuscirci, a farlo venire in Italia con un passaporto italiano, il padre tenta con i documenti nigerini. Il bambino, insieme alla madre, arriva così in Italia.
Oltre al passaporto nigerino, ha con sé l’estratto dell’atto di nascita, regolarmente tradotto e legalizzato dall’ambasciata italiana in Costa d’Avorio, nel quale si riportano maternità e paternità.
Con questi documenti, il padre – ricordiamo, cittadino italiano – chiede l’iscrizione del figlio nel registro comunale. E qui arriva il rifiuto.
Per l’anagrafe il bambino ha un passaporto nigerino, questo lo marchierebbe come “straniero”. Viene quindi richiesto un titolo di soggiorno. Ma per la questura invece non serve: il bambino è figlio di un cittadino italiano quindi, per la legge italiana, basata sullo ius sanguinis, è italiano.
Che esito avrà la questione? Nel frattempo, padre e bambino, perfettamente in regola con la legge, sono bloccati in questo oblio burocratico.