Ha avanzato la richiesta, portato tutti i documenti utili, e pagato il contributo di 200 euro chiesto dallo Stato. Ma, proprio durante la cerimonia per l’acquisizione della cittadinanza, il sindaco si è rifiutato di portare a termine la procedura.
E’ accaduto a Vigonovo, in provincia di Venezia. Un cittadino di origine marocchina, in Italia da 21 anni, è stato mandato via dal sindaco leghista proprio durante la celebrazione. “Secondo me non è sufficientemente integrato nel nostro territorio. Così l’ho affidato ai servizi sociali che lo seguiranno in un percorso di insegnamento della lingua italiana”, ha affermato il primo cittadino, Damiano Zecchinato.
Il motivo di tale rifiuto sarebbe proprio la lingua italiana: stando a quanto dichiarato da Zecchinato, l’uomo non è stato capace di leggere il giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana. “Non sono mai andato a scuola. Non so la lingua”, si sarebbe giustificato l’interessato secondo quanto riportato dalla stampa locale.
Proprio per colmare questa lacuna, il sindaco ha rinviato la cerimonia all’estate, dando sei mesi di tempo al cittadino marocchino per seguire un corso di lingua e imparare l’italiano.
Una decisione che viene definita dal Comitato difesa diritti civili “un abuso di potere discrezionale da parte del sindaco”. Parole a cui fanno eco Pier Paolo Baretta e Michele Mognato del Pd, secondo i quali la scelta del sindaco è da legare al periodo di campagna elettorale, in cui “per avere una facile visibilità mediatica si arriva a tutto”. “Si tratta di un episodio di vero e proprio razzismo – affermano Baretta e Mognato – il sindaco di Vigonovo per impedire la cittadinanza a una persona che da oltre vent’anni vive e lavora in Italia, non ha trovato di meglio che sostenere che non sa leggere bene l’italiano. Come abbia fatto questa persona a vivere a Vigonovo per tutto questo tempo è, evidentemente per il sindaco, un mistero”.
Nulla di razzista o discriminatorio, invece, per il primo cittadino: “Nessun intento razzista, ho solo fatto il mio dovere. Di fronte a un cittadino di origini marocchine che non ha saputo proferire nemmeno tre parole in italiano, non ho potuto che interrompere la cerimonia di giuramento”.
Il sindaco ha deciso così di rimandare la cerimonia tra sei mesi: sperando che il cittadino marocchino riesca ad arrivare preparato, perché esattamente tra sei mesi scade il decreto di conferimento della cittadinanza. Per l’uomo potrebbe essere quindi l’ultima occasione di ottenere la cittadinanza, dopo 21 anni passati in Italia. E dopo aver fatto fronte ai molti costi che la burocrazia richiede, come sottolineano Nazzareno Fuser e Salvatore Esposito di Sinistra Ecologia e Libertà: “E’ evidente che questo sindaco non è a conoscenza che il cittadino marocchino ha presumibilmente atteso più di tre anni l’appuntamento per il giuramento, producendo una infinità di documenti e spendendoci sopra soldi oltre al contributo spese di 200 euro reclamati dal Governo”.
Tutto questo non sembra aver avuto un peso nella decisione del primo cittadino, dettata, a quanto dichiarato alla stampa, dal dovere di “tutelare la sicurezza e l’integrazione dei cittadini. Che tipo di integrazione può avere una persona che non sa parlare una sola parola di italiano? Sono preoccupato perché questa totale mancanza di integrazione può essere pericolosa per sè e per gli altri”.
In realtà, non capiamo cosa c’entrino la “sicurezza” e il “pericolo” in questa vicenda. L’onorevole Massimo Bitonci, segretario padovano del Carroccio, chiarisce meglio la situazione, prendendo le difese del primo cittadino di Vigonovo: “Lo abbiamo sempre detto, il Veneto o lo ami o lo lasci. Il signore in questione non parla nemmeno l’italiano. Evidentemente non ha alcun interesse ad integrarsi, a diventare parte di una comunità che pure lo ha accolto e gli sta dando la possibilità di lavorare e realizzarsi. Zecchinato ha affidato l’extracomunitario ai servizi sociali, perché lo seguano e lo aiutino ad apprendere lingua e culture locali, non ha chiuso la porta in faccia a nessuno. Deve essere provato pubblicamente che il nuovo cittadino conosce, ama e rispetta i valori della comunità in cui vive”.
Il sindaco, comunque, parla di una situazione diffusa: “Ho voluto far scoppiare il caso perché a monte c’è un problema: la mancanza del rispetto della procedura da parte di prefettura e questura, enti preposti al controllo delle regolarità dell’ingresso dell’immigrato, sul soggiorno, la residenza, ma anche l’integrazione del soggetto tramite un colloquio, in cui si verifica la conoscenza della lingua italiana e dei principi fondamentali del nostro ordinamento, cosa che evidentemente non è stata fatta”.
Da questa storia, e soprattutto dalle parole del sindaco, emerge un fatto: sulla questione del requisito della lingua per ottenere la cittadinanza è stata fatta molta confusione. Di certo una persona che vive da 21 anni in Italia e fa richiesta della cittadinanza italiana ha sviluppato una relazione con il nostro paese. E la “bocciatura” del sindaco assomiglia molto ad una forma di accanimento contro una persona che ha invece assolto tutte le procedure burocratiche richieste compresa la vessazione del pagamento della tassa di 200 euro.