“Siamo 1 milione e 200mila italiani. Italiani senza cittadinanza. Di cui 800mila hanno meno di 18 anni. Persone italiane di fatto, ma non abbastanza per il governo”. Ecco la voce delle italiane e degli italiani che lo stato non riconosce come tali. Persone che per legge non possono avere gli stessi diritti dei cittadini italiani: votare, ad esempio, ma anche, banalmente, ottenere la patente di guida, fare un viaggio fuori dall’Italia senza chiedere il visto, partecipare ai concorsi pubblici. Eppure sono nate in Italia, o sono qui fin da bambini. Hanno frequentato le scuole italiane, imparato a parlare in italiano e spesso anche in dialetto, hanno appreso le norme. Hanno pagato le tasse in Italia, contrariamente a quanto si pensa: “C’è chi le paga già da undici anni, le tasse”, spiega una ragazza, intonando poi, insieme ad altri e altre, Bella Ciao.
E’ questa la realtà in cui vivono più di 1 milione di nostri concittadini: e tutto questo a causa dell’immobilismo politico delle classi dirigenti che si sono succedute sino ad oggi. Le tappe compiute sono diverse: sono passati sei anni da quando, tra il settembre 2011 e il marzo 2012, le organizzazioni della campagna L’Italia sono anch’io hanno raccolto più di 200mila firme su due proposte di legge di iniziativa popolare sulla riforma della cittadinanza e il riconoscimento del diritto di voto amministrativo dei cittadini stranieri. A firmare sono stati i cittadini italiani, che hanno così espresso la propria volontà di cambiamento. Sono passati diversi anni, e finalmente il 13 ottobre 2015 la Camera ha approvato la proposta di riforma della legge sulla cittadinanza n.91/92. Da allora la proposta giace al Senato in attesa dell’avvio del dibattito nella Commissione Affari Costituzionali.
Sono passati ormai cinque anni da quando Lamia, dodici anni, spiegava alla Camera dei Deputati il suo sentirsi italiana, seguita da un lungo applauso. Agli italiani senza cittadinanza però non servono gli applausi, le strette di mano, le pacche sulle spalle: serve, ed è urgente, che lo stato li riconosca come cittadini. Serve che sulle loro vite non si decida più per mero calcolo politico.
Per questo il 28 febbraio dobbiamo scendere tutti e tutte in piazza, per una grande manifestazione nazionale a fianco dei nostri concittadini e concittadine. E’ un loro diritto essere riconosciuti come italiani e italiane, ed è un diritto di chi è già cittadino quello di vivere in un paese al passo coi tempi.
L’obiettivo è dietro l’angolo: chiediamo alla politica di fare il proprio dovere. Il 28 febbraio, alle ore 15.30, tutti e tutte in piazza del Pantheon a Roma: non possiamo più aspettare!