Pubblichiamo, qui di seguito, il comunicato stampa del 24 settembre redatto dal CIR. Sulla creazione degli hotspot, cioè i centri che verranno istituiti nelle zone di frontiera per una prima identificazione dei migranti che arrivano in Europa, la Direttrice del CIR, Fiorella Rathaus ha dichiarato: “Il grande rischio è che dopo aver tanto combattuto per la chiusura dei Cie, ci ritroviamo con una nuova forma di detenzione” .
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) giudica gli esiti del Consiglio Europeo e della politica comunitaria in materia di asilo insufficienti.
Riconosciamo che per la prima volta in Europa si delineano delle risposte comuni alla crisi che sta investendo il continente. Di fronte alle migliaia di persone intrappolate ai confini di vari Paesi membri, in assenza di risposte di accoglienza e protezione adeguate, si gettano le basi per superare il Sistema Dublino attraverso la ricollocazione di 120mila persone. Un fatto epocale, ma una misura che non è sufficiente di fronte alla sfida che ci troviamo ad affrontare.
“In primo luogo appare molto limitante che siano considerati eleggibili per il ricollocamento solo richiedenti asilo ritenuti in “chiaro bisogno di protezione”, ovvero provenienti da 2-3 nazionalità. Un altro rischio è che questa misura non diminuisca minimamente i movimenti secondari all’interno dell’Unione, ma ne cambi solo le rotte. Temiamo che il richiedente asilo non cercherà più di arrivare in Germania dalla Grecia, ma dalla Lituania. Noi proponiamo che ogni ricollocamento sia obbligatoriamente legata o ai legami familiari e culturali delle persone o a un chiaro progetto di integrazione personalizzato e finanziato dall’Unione Europea in Stati Membri attualmente, in molti casi, impreparati a ricevere e integrare rifugiati” dichiara Christopher Hein Portavoce del CIR.
“Nel disegno presentato, inoltre, il ricollocamento funziona solo se collegato al meccanismo degli hot spot che dovrebbero essere i punti in cui viene garantito il fotosegnalamento di quanti arrivano in Europa. Il CIR insiste nel chiedere che in questi luoghi tutti i cittadini stranieri in arrivo siano informati sul diritto di chiedere asilo, come previsto dalla normativa italiana e comunitaria, e che siano, in tempi molto brevi, intervistati attraverso colloqui individuali per valutare i loro legami familiari e culturali al fine del ricollocamento. Temiamo invece che questi luoghi, che sembrerebbero inevitabilmente di detenzione amministrativa, divengano dei nuovi CIE” continua Fiorella Rathaus Direttrice del CIR.
Ma in particolare preoccupa l’assenza, in tutto il programma delineato dalle istanze comunitarie, di modalità di ingresso legali per le migliaia di rifugiati che premono ai confini europei. Non si parla delle vie legali di accesso come: l’utilizzo di visti umanitari, un programma di reinsediamento che dia risposte numeriche adeguate alle esigenze dettate dalla crisi siriana, la possibilità di chiedere asilo dalle rappresentanze consolari. Come CIR siamo convinti che questa sia l’unica via per garantire il rispetto della vita e la protezione dei rifugiati che cercano di arrivare in Europa.
“È stato gettato un primo mattone per la costruzione di un vero sistema d’asilo comune in Europa. Ora è di fondamentale importanza che la reale protezione delle persone venga messa al centro di questo disegno” conclude Hein.