“Una struttura ideologica che serve solo a tranquillizzare la pancia di questo Paese”: sono parole che non lasciano spazio ad interpretazioni quelle usate da Salvatore Scuto, presidente della Camera penale di Milano, per descrivere il Cie di via Corelli, a Milano, visitato ieri dagli avvocati delle Camere penali e dalla Commissione Carcere del Comune.
“Questo è un carcere – ha proseguito Scuto – anzi è peggio. E non c’è vero motivo perché queste persone si trovino qui, perché non hanno fatto nulla, se non il fatto che non sono identificabili”. Gli fa eco Mirko Mazzali, consigliere comunale di Sel e vice presidente della Commissione Carcere: “E’ una struttura carceraria dove stanno dei soggetti che non hanno commesso nessun reato. Ci sono persone che ci chiedevano spaesate perché erano lì da undici mesi in attesa di una identificazione che avrebbe potuto essere stata fatta nel momento in cui erano in carcere, perché la maggior parte delle persone lì ristrette vengono da situazioni carcerarie”. Anche Scuto ha sottolineato questo aspetto, ricordando come, tra le persone trattenute nel Cie, “il 75% arrivi da un’esperienza carceraria: il che significa che sono stati ben identificati”. Una situazione “paradossale” secondo Scuto, per cui “l’unica riforma possibile è la chiusura dei Cie”.
Proprio in merito alla situazione delle carceri e delle persone trattenute, Sel ha per altro depositato tre proposte di legge, relative all’abolizione del “reato di immigrazione clandestina”, all’istituzione del reato di tortura e all’abrogazione di parte della legge 251 (cosiddetta Ex Cirielli) sulla recidiva.