Questa notte, due persone sono cadute dal tetto del Cie di Gradisca d’Isonzo.
Un uomo è precipitato verso le 3 del mattino. Trasportato all’ospedale di Cattinara, è ora nel reparto di terapia intensiva, dove versa in condizione gravissime.
Dopo alcune ore, un’altra persona è caduta. Portata all’ospedale di Gorizia, le sue condizioni sono meno preoccupanti.
I due uomini s trovavano sul tetto della struttura detentiva per manifestare: da giovedì scorso, 8 agosto, le persone trattenute hanno messo in atto una protesta.
Tutto è nato quando hanno chiesto di poter rimanere, la sera, fuori, negli spazi aperti. O per meglio dire nei cortili, zone chiamate “vasche”, chiuse ai lati da vetri antisfondamento e sormontate da una grata di ferro.
La richiesta si legava alla volontà di festeggiare la fine del Ramadan, e alla necessità di contrastare il caldo asfissiante delle stanze.
Una richiesta piuttosto comprensibile da parte di persone che i documenti ufficiali definiscono “ospiti”.
Non devono averla pensata così però gli agenti predisposti alla sorveglianza. “Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male, non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione”. E’ Serena Pellegrino, deputata di Sel alla Camera, a spiegare quanto successo, dopo la sua visita ufficiosa nel Cie, in cui è entrata ieri, 12 agosto, proprio per verificare le voci circa quanto successo.
Solo il 26 luglio scorso, l’associazione Tenda per la pace e i diritti entrava nella struttura con una delegazione organizzata dalla campagna LasciateCIEntrare, e ne usciva con un report dettagliato, l’ennesimo in cui vengono denunciate le condizioni inumane della struttura.
Nel Cie di Gradisca è vietato avere un telefono cellulare: un provvedimento d’urgenza, prorogato, ha modificato il regolamento interno della struttura, che invece ne consentirebbe il possesso come negli altri Cie d’Italia. Inoltre, le persone trattenute non possono uscire dai cortili – le “vasche”- su cui si affacciano le camerate, alle cui finestre ci sono sbarre metalliche. La mensa non è accessibile, misura utilizzata per evitare assembramenti, e così le persone mangiano nelle camerate o nei corridoi.
Se possibile, nel Cie di Gradisca si sta peggio che negli altri Cie, tanto che sono in molti a chiedere di essere trasferiti in altre strutture detentive.
La violenta repressione degli agenti alla richiesta avanzata giovedì scorso ha fatto saltare il tappo di questa situazione inumana: domenica scorsa quattro persone sono salite sul tetto della struttura, seguite poi da una trentina di uomini. La reazione della polizia è stata la stessa: è partito, ancora una volta, il lancio di lacrimogeni, accompagnato dall’arrivo di alcune camionette dei carabinieri e della polizia, di un pullman dell’esercito e di una camionetta dei vigili del fuoco. Venendo a conoscenza di quanto stava accadendo, e sapendo anche che alcuni trattenuti soffrono di crisi d’asma certificate, da fuori è stato allertato il 118, che però si è rifiutato di intervenire perché la richiesta non proveniva dall’interno. Solo l’intervento telefonico dell’Onorevole Pellegrino sulla Questura di Gorizia ha permesso l’ingresso di un’ambulanza nel centro.
“I lacrimogeni si dovrebbero usare in spazi aperti per disperdere e allontanare chi manifesta atteggiamenti offensivi, mentre a Gradisca sarebbero stati usati in luoghi confinati da cui non poteva fuggire nessuno, come fosse una tonnara”, ha denunciato il consigliere regionale di Sel Giulio Lauri.
Feriti, manifestazioni di protesta, atti di autolesionismo, denunce di violazione dei diritti umani sono ormai all’ordine del giorno in questi “lager”, come definiti dal Siulp. Cos’altro dovrà succedere perché la politica faccia qualcosa per porre fine a questo vulnus continuo nell’Europa del premio nobel per la pace?