Un altro sciopero della fame. E ancora bocche cucite.
Da ieri- domenica 26 gennaio- nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, quindici persone rifiutano il cibo e l’acqua.
In tredici, invece, hanno deciso di cucirsi le labbra. Tra loro, sette l’avevano già fatto, a dicembre.
“Da quando hanno smesso lo sciopero dell’altro mese, nessuno si è presentato, si sono sentiti abbandonati, traditi”, spiega un uomo che fa da portavoce, intervistato da La Repubblica.“Non riescono a capire perchè il governo italiano li sta tenendo qua”. “Nessun reato – gli fa eco un altro uomo- la loro unica colpa è che sono nati nella parte sbagliata del Mediterraneo”.
Gli uomini che stanno protestando sono tutti marocchini. “Sono stressati, sfiduciati, arrabbiati”, afferma Gabriella Guido, portavoce della campagna LasciateCIEntrare, che venerdì è entrata nel Cie. “Si rivolgono alla politica, alla stampa, alle associazioni per chiedere perché siano trattenuti così a lungo in quelle strutture – in condizioni invivibili – senza avere un’idea dei tempi di detenzione”.
Uno spazio senza tempo dove “non c’è niente da fare”, come dichiara un uomo ai microfoni de La Repubblica. “Ti svegli la mattina con l’incubo di trovare quelli dell’immigrazione che o ti mandano via o ti spostano da un’altra parte”.
Hanno scelto questa forma di protesta estrema: bocche cucite contro delle istituzioni che non ascoltano. Nonostante le denunce, i report, le proteste ormai non si contino più.
“A Milano – scrive la campagna LasciateCIEntrare – dopo un primo svuotamento del Cie di Via Corelli, seguito all’ennesima rivolta dei trattenuti, l’Assessore al Welfare del comune ha indirizzato al Governo la richiesta che la struttura non venga riaperta, e venga trasformata in un centro di gestione delle emergenze sociali”.
“Sulle strutture di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia, il deputato del M5S Lorenzo Battista ha presentato un’interrogazione parlamentare d’urgenza al Ministro Alfano, chiedendo che il Cie chiuda definitivamente, a causa delle malsane condizioni nel quale versa”, prosegue il comunicato della campagna. E ieri la ministra per l’integrazione Cecile Kyenge ha promesso di riferire al Governo la richiesta avanzata dalla presidente della regione Serracchiani di chiudere definitivamente il Cie di Gradisca e utilizzarne le strutture per ampliare il Cara.
“A Torino i consiglieri di SEL, Marco Grimaldi, Michele Curto e del PD Lucia Centillo, Domenica Genisio, Michele Paolino, Mimmo Carretta, Marta Levi e Laura Onofri hanno presentato una proposta di mozione per chiudere il Cie di Corso Brunelleschi”. La denuncia – l’ennesima – questa volta è partita da suor Anna del Centro di via Santa Maria Mazzarello che, dopo aver visitato il Cie il 21 dicembre scorso, dichiarava: “Il Cie crea delle situazioni assurde, di sofferenza e umiliazione. Non hanno nessun senso, sono uno sperpero di soldi e sono contro la dignità delle persone”.
La mozione rilancia la richiesta di chiudere tutti i Cie, “perché sono un’esperienza fallimentare”, per questo da superare definitivamente “al fine di non reiterare una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche”.
A Roma, intanto, si programma un’assemblea pubblica prevista per mercoledì 5 febbraio, alle ore 17.00, presso il Nuovo Cinema Palazzo. L’obiettivo è organizzare iniziative di solidarietà, ma soprattutto di pressione affinché il Cie di Ponte Galeria venga chiuso. Proprio per questo, è prevista, il 15 febbraio, una manifestazione fuori dalla struttura detentiva (Qui più info).