Il Centro di identificazione ed espulsione di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, verrà chiuso domani. La conferma arriva dalla prefettura di Catanzaro.
Ufficialmente, la chiusura è da imputarsi al fallimento della gara d’appalto per la gestione del Cie: la cooperativa “Malgrado tutto”, dal 1999 unica responsabile della gestione della struttura, prima Cpta (Centro permanenza temporanea) poi Cie, non è riuscita a vincere il bando, emanato lo scorso 22 giugno, a causa – a quanto si legge sulla stampa – dell’irregolarità di parte della documentazione inviata al Ministero. E dire che la cooperativa, cui il Comune ha dato il terreno in comodato d’uso per 99 anni, era l’unica partecipante al bando, nonché proprietaria dell’edificio in cui sorge il Cie.
Inoltre, da giugno ad oggi la gestione è stata comunque portata avanti da “Malgrado tutto”.
Sembra quindi piuttosto fondato il sospetto che la chiusura possa essere legata anche alla denuncia portata avanti dall’associazione Medici per i Diritti Umani, che a fine settembre aveva visitato il centro, pubblicando in seguito un dettagliato rapporto, corredato da diverse fotografie, in cui venivano segnalate le condizioni critiche della struttura, “del tutto inadeguata a garantire la dignità umana dei migranti trattenuti”. Particolare scalpore era stato sollevato dalle fotografie di una gabbia, in cui le persone dovevano entrare per radersi, usata, a detta della cooperativa, per evitare atti di autolesionismo: atti che, da soli, dovrebbero rappresentare un segnale d’allarme sulle situazioni vissute dalle persone in questi centri, e che invece venivano “arginati” con l’uso di tale gabbia.
A seguito della denuncia di MEDU, il sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza, aveva rivolto al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri la richiesta di trasformare il Cie in un centro di prima accoglienza, tornando su un argomento per la verità già affrontato in passato dall’amministrazione, come ricordato dallo stesso Speranza alla stampa: “L’esistenza dei Cie non dipende dai comuni, ma è il ministero dell’interno che ha deciso e istituito queste strutture di detenzione. Più volte in passato l’amministrazione comunale lametina si era occupata del Cie, sottolineando la propria contrarietà all’esistenza di queste strutture”. Alla richiesta del primo cittadino si associa anche MEDU, che in una nota “auspica che la chiusura provvisoria diventi definitiva”.
Il Cie di Lamezia non è l’unico centro dove sono state rilevate condizioni lesive per i diritti umani. Oltre a varie associazioni e ONG, il relatore speciale dell’ONU, in un resoconto pubblicato poco tempo fa, era entrato sull’argomento, definendo i Cie “luoghi di detenzione” e sollecitando il governo a trasformare tale sistema. La stessa Medu, nella nota diffusa, auspica che “la chiusura del Cie di Lamezia Terme rappresenti il primo passo verso il superamento di un sistema, quello della detenzione amministrativa, che si è dimostrato nel corso degli anni del tutto inefficace nel contrastare l’immigrazione irregolare ed incapace di tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, che in un paese civile e democratico dovrebbero sempre essere garantiti”.
Nel frattempo, i migranti presenti nel Cie non sono stati rilasciati: alcuni sono stati portati nel Cie di Isola di Capo Rizzuto, altri rimpatriati, compreso il cittadino marocchino con una protesi all’anca, fotografato da MEDU mentre improvvisava una fisioterapia con una bottiglietta d’acqua legata al piede.