Un articolo pubblicato su Il Tempo venerdì scorso, a firma di Ruggero Guarini, si sofferma sul video di 7 minuti “Muslim demographics” presentato mercoledì (17 ottobre 2012) durante il Sinodo dei vescovi. Il video, la cui visione è stata proposta dal cardinale ghanese Peter Turkson, veicola l’idea di una “cultura europea” a rischio di estinzione, a causa dei flussi migratori in particolare di persone di fede musulmana. La proiezione ha suscitato reazioni piuttosto imbarazzate tra i cardinali, i quali hanno sottolineato la necessità di stare “attenti a suscitare guerre di religione”, criticando chi “non ha misurato la portata di quel video”. Anche il Vaticano si è affrettato a spiegare che “si è trattato di un’iniziativa personale”.
Mulsim demographics, da tre anni on line su youtoube (e ci domandiamo come ciò sia possibile), aveva già sollevato numerose polemiche sulla stampa internazionale subito dopo la sua pubblicazione, tanto da indurre la BBC a scriverne per dimostrarne l’inattendibilità. Il pezzo è ancora disponibile a questo link: http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/more_or_less/8189434.stm
Il video per veicolare il suo messaggio principale (..) propone numerosi dati sul tasso di natalità che caratterizzerebbe la popolazione di religione musulmana residente in alcuni paesi (l’Olanda, la Germania, il Regno Unito, il Canada e gli Stati Uniti): peccato che manchino del tutto le fonti di riferimento. E non è un caso perché in molti paesi europei le statistiche ufficiali non raccolgono dati sull’appartenenza religiosa della popolazione. Così, secondo l’autore del video, in Francia le donne di religione musulmana avrebbero in media 8,1 figli ciascuna il che farebbe sì che “tra quarant’anni la Francia sarebbe musulmana”; il 90% della crescita della popolazione in Europa sarebbe da imputare ai migranti di religione musulmana e in Olanda nel 2024 metà della popolazione sarebbe di religione musulmana. E così via.
La finalità discriminatoria e islamofoba del video è esplicita, ma non lo è abbastanza evidentemente per il giornalista del Il Tempo che non ha dubbi sulla autenticità delle informazioni fornite. Non sono per altro queste l’oggetto del suo vero interesse. “L’incidente” avvenuto al Sinodo fornisce all’autore un pretesto per riproporre “il tema dell’abuso che oggi si fa abitualmente, in nome della retorica multiculturalista, del termine “fobia” e del suffisso fobico” e per criticare quelle che definisce le “minoranze faziose e intolleranti”. Insomma il vero problema sarebbe quello dell’abuso del politically correct che, in linea con una “pretesa correttezza culturale”, cercherebbe addirittura di “impedire la libertà di opinione e di espressione”.
Il video è stato accusato da più parti, compresi alcuni vescovi, di diffondere concetti islamofobici. Per il giornalista si tratta invece di “constatazioni oggettive, proposizioni fattuali e ragionevoli previsioni”. Dunque sarebbe indubbio, secondo l’autore, che: a) “sta avvenendo un cambiamento demografico a livello globale”; b) “È solo una questione di anni, e l’Europa come la conosciamo adesso non esisterà più”; c) la causa principale di questo cambiamento è l’immigrazione soprattutto islamica”; d) “fra suppergiù quarant’anni “la Francia sarà una Repubblica islamica”.
Il video è stato pubblicato da anonimi, e non vengono esplicitate le fonti dei dati che dovrebbero supportare la fondatezza di queste “incontestabili constatazioni” che, per l’appunto, per essere tali, dovrebbero essere confutabili e controllabili. Ma evidentemente, le fonti contano ben poco, la controllabilità dei dati pure, perché il problema, secondo il giornalista, è “che oggi, affermazioni così veridiche e inoppugnabili, possano essere giudicate scandalose”. Le polemiche seguite alla proiezione del video sono, dunque, “giudizi di anime belle” che abuserebbero del concetto di “fobia”.
Il “vero, e forse massimo scandalo del nostro tempo” sarebbe secondo il giornalista “l’intolleranza delle minoranze faziose”, ossia “la demonizzazione di ogni opinione orientamento o gusto difforme da quella marmellata universale di contrapposte intolleranze”.
Se ci soffermassimo solo sulla parola “difforme”, potremmo concordare. In effetti, oggi il mondo intero visita continuamente la nostra quotidianità, attraverso incontri, sapori, notizie, letture ed è davvero assurdo che sia ancora possibile la demonizzazione di ogni opinione, orientamento o gusto “difforme”. Difforme, però, non dalla “marmellata universale”, cui si riferisce Guarini in modo piuttosto sprezzante: piuttosto, dalla “norma”, di cui parla sempre il giornalista, dividendo il mondo in minoranze e maggioranze. Senza accorgersi, o forse sì, che la libertà di opinione e di espressione, di cui si fa difensore, non può essere a senso unico né essere rivendicata a proprio uso e consumo, salvo poi rinnegarla quando fa più comodo. Magari quando i membri di questa “inarrestabile ondata” rivendicano il diritto di professare la propria fede, oppure quando “frange estreme del mondo gay” chiedono – “pretendono”, secondo il giornalista – un trattamento non discriminatorio.
Forse sarebbe opportuno pensare il nostro tempo non come una “marmellata universale di contrapposte intolleranze”, ma come una realtà eterogenea e plurale da rispettare, senza lanciare falsi allarmi.
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