”Certamente non è la priorità del Paese, dare la cittadinanza ai figli degli immigrati come dice la presidente della Camera”: lo dichiara la senatrice della Lega Nord Patrizia Bisinella, proseguendo: “A fronte del numero impressionante di aziende che chiudono, come sta succedendo per esempio in Veneto, non si può pensare come prioritaria la concessione della cittadinanza”.
Naturalmente, la crisi economica e le sue conseguenze sono di estrema importanza. Ed è stato sottolineato anche dalla stessa presidente della Camera nel suo discorso di insediamento (ne abbiamo parlato qui).
Però, la crisi economica non può e non deve diventare lo strumento per mettere in secondo piano il rispetto dei diritti. E la riforma della legge sulla cittadinanza, se accogliesse la proposta avanzata dalla campagna L’Italia sono anch’io, darebbe il diritto a chi nasce in Italia di avere, finalmente, la cittadinanza italiana. Eliminando così tutte le difficoltà affrontate ora da ragazzi e ragazze che, nati e cresciuti in Italia, sono ancora considerati degli “immigrati”.. anche se non si capisce da dove sarebbero emigrati, essendo nati qui.
Inoltre, la crisi non può essere nemmeno il motivo per mettere in ombra le migliaia di firme raccolte in pochi giorni dall’appello sulla cittadinanza, lanciato da un gruppo di giovani della campagna L’Italia sono anch’io (ne abbiamo parlato qui).
Nella realtà non esiste una contrapposizione tra le politiche di sostegno al lavoro, assolutamente non rinviabili, e il riconoscimento dei diritti dei “nuovi italiani”: le due cose non si escludono a vicenda. Al contrario, è necessario lavorare su più ambiti, perché il paese esca da una crisi che non è solo economica, ma anche sociale. Adattare gli strumenti legislativi alla realtà odierna sarebbe solo un modo per dimostrare di essere pronti ad aprirsi e innovarsi, senza chiudersi invece, in rigide e, queste si, improduttive ideologie.