Questa è l’ultima newsletter di agosto, torneremo a settembre.
Le ultime settimane sono state un incubo, per la gravità dei fatti accaduti, ma anche per il dibattito mediatico che ne è seguito e per la difficoltà ad organizzare una risposta sociale e culturale collettiva, all’altezza di ciò che servirebbe.
Non ci rassegniamo e confidiamo nel mese di settembre.
Una delle richieste più pressanti che abbiamo ricevuto negli ultimi giorni dai media nazionali e internazionali è relativa ai “dati” sulle violenze che hanno scelto come bersaglio migranti, richiedenti asilo, rifugiati e rom. La passione mediatica per i dati la conosciamo bene così come sappiamo che i dati possono essere stravolti e piegati alle interpretazioni di chi li analizza. Abbiamo visto citare il nostro database a destra e manca per dimostrare tutto e il contrario di tutto.
Ora lo ripetiamo ancora una volta qui per indurre, speriamo, a più meditata attenzione:
- Ricordiamo che non stiamo parlando solo di numeri, stiamo parlando di persone. E che statistiche attendibili non ce ne sono: quante sono le violenze quotidiane che non sono denunciate a chi di competenza o raccontate dalla stampa? quanti sono i reati di cui non viene contestata o riconosciuta la matrice razzista? Il nostro lavoro è raccontare quello che succede ogni giorno: testimoniare il razzismo quotidiano per attivare protezione.
- Mettiamo in rete le informazioni che documentiamo.
- L’invito a tutti coloro che le usano (e sono molti) è quello di farlo con intelligenza e responsabilità, senza forzature. Il nostro compito non è quello di destare allarmismi, ma di raccontare i fatti per proteggere meglio le persone.
- Il razzismo (sì razzismo) e la xenofobia non nascono oggi né sono nati a seguito del voto del 4 marzo. Noi li raccontiamo da dieci anni, ma hanno radici storiche ben più profonde con le quali la società italiana non ha mai fatto davvero i conti. C’è una letteratura qualificata in materia e sotto l’ombrellone varrebbe la pena rileggerla.
- Le violenze, in alcuni casi letali, come quelle avvenute in questa tremenda prima parte del 2018, sono già gravi di per sé, così come è preoccupante la diffusione di piccoli ma capillari discorsi e comportamenti ostili, offensivi e aggressivi negli spazi della vita quotidiana che ci sono segnalati da molte persone. Non c’è bisogno di enfatizzare ciò che succede producendo un dibattito pubblico distorto e drogato che improvvisamente riempie le pagine dei giornali e i social per giorni e poi, lo sappiamo, cesserà di occuparsene alla prima occasione. Non c’è nessuna “emergenza” razzismo, c’è un razzismo che è sempre più legittimato, giustificato e esibito. E se siamo arrivati sin qui è anche ma non solo responsabilità delle forze politiche che si trovano attualmente al Governo.
- Come abbiamo sempre sostenuto, il dibattito e la propaganda politica, ancor più le dichiarazioni, le scelte e i comportamenti istituzionali, plasmano profondamente l’opinione pubblica e possono orientarne i comportamenti. Ciò accade oggi in modo più violento rispetto al passato, anche grazie al perverso utilizzo della rete e dei social network. La responsabilità collettiva, dei singoli, delle istituzioni, delle associazioni di tutela, dei sindacati, e dei partiti e anche la nostra, è quella di denunciare e di stare vicini alle vittime di ingiustizie, non quella di soffiare sul fuoco.
Buona estate