Una lite. Poi, improvvisamente, colpi d’arma da fuoco. Due persone sono state ferite alle gambe. E’ quanto successo domenica a Castel Volturno, nel casertano, precisamente in località Pescopagano. Nel tardo pomeriggio due uomini, padre e figlio, hanno aperto il fuoco contro due cittadini ghanesi – in un primo tempo identificati dai media come nigeriani o ivoriani. I due, 30 e 37 anni, sono stati ricoverati presso la clinica Pineta Grande di Castel Volturno, e non sarebbero in pericolo di vita.
Dopo l’accaduto, decine di cittadini africani sono scesi in strada, dando alle fiamme alcune auto e un appartamento. La tensione è rientrata dopo alcune ore, anche con l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno fermato i responsabili del ferimento.
Non si conosce ancora la dinamica dell’aggressione. Secondo le prime informazioni, sembra che il cittadino italiano, un vigilante privato, avrebbe fermato i due africani mentre, in bicicletta, portavano un pacco. L’uomo avrebbe domandato loro se il pacco fosse stato rubato da una delle vicine abitazioni disabitate, dando il via a una lite. Il figlio del vigilante sarebbe intervenuto sparando alla gambe dei due uomini.
La testimonianza delle due vittime dell’aggressione non coinciderebbe però con quanto riportato alla polizia dai due italiani: secondo le vittime, il vigilante li conosceva, e avevano già avuto dei diverbi. Le indagini sono attualmente in corso.
Quanto accaduto in questi giorni non può non far pensare agli episodi di sei anni fa, quando nel 2008 scoppiò quella che i giornali chiamarono “la rivolta di Castel Volturno”. Allora, sei persone, tutte di diversi paesi africani, furono uccise a colpi di arma da fuoco. Una strage per cui i responsabili furono condannati all’ergastolo: si trattava di cinque persone affiliate al clan dei Casalesi, con a capo Giuseppe Setola.
Dopo la strage, diverse persone di origine africana diedero vita a una violenta protesta, incendiando cassonetti e proseguendo gli scontri tutta la notte. Allora, molti media parlarono di scontri “tra italiani e stranieri”. Si trattò, piuttosto, di una terribile strage, la prima strage mafiosa con l’aggravante del razzismo (ne abbiamo parlato qui).
Oggi, molti giornali mettono l’accento sulla “rivolta degli immigrati” (per non parlare di chi, come il Giornale d’Italia, parla di “scontri etnici”). La Repubblica scrive “Feriti alle gambe due cittadini ivoriani causa di alcuni furti avvenuti nella zona. E’ seguita una rivolta. Il sindaco: “Bomba sociale pronta a esplodere”. Alfano “Non possiamo accogliere tutti”.
Già, perché la strumentalizzazione è dietro l’angolo. “L’Italia è un Paese accogliente ma certo non può accogliere tutti”, ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, proseguendo: “Contatterò anche i sindaci per ragionare insieme sul da farsi. E’ chiaro che quando c’è uno sbilanciamento tra persone straniere e cittadini italiani si creano momenti di tensione”.
Non capiamo perché sarebbero normali dei ‘momenti di tensione’ – due persone ferite alle gambe – in presenza di una situazione di sbilanciamento tra persone stranieri e cittadini italiani. Così come ci sembra non pertinente la frase del ministro dell’Interno sul fatto che non possiamo accoglierli tutti.
Quello che ci sembra evidente a Castel Volturno, piuttosto, è l’assenza dello stato, avvertita da chi ci vive e da chi da questo territorio ci è passato. “Qui non c’è alcuna percezione dello Stato semplicemente perché lo Stato non c’è“, spiega il sindaco di Castel Volturno Dimitri Russo. “Il fragile equilibrio tra italiani e immigrati a Castel Volturno si sta spezzando. Qui c’è una bomba sociale pronta ad esplodere”. “Qui lo Stato non c’è mai stato”, fa eco Tommaso Sorrentino, membro delle associazioni Miriam Makeba e Jerri Masslo. La prima è una piccola realtà che, da sola, prova ad arrivare dove le istituzioni non riescono, cercando di creare un luogo di incontro tra persone, italiane e non. Riuscendoci, anche, ma su piccoli numeri: perché in un territorio fortemente colpito dalla camorra, dalla povertà e dall’indifferenza dello stato, agire per cambiare le cose non è semplice. La seconda associazione, invece, porta il nome del trentenne sudafricano ucciso a Villa Literno nel 1989 durante una violenta rapina mentre, dopo una giornata di lavoro nei campi, dormiva con più di 200 altri migranti in un capannone abbandonato. Un omicidio per cui ci fu una fortissima mobilitazione dell’opinione pubblica, e che portò alla consapevolezza della situazione in cui versavano gli immigrati, percorso che sfociò nel 1990 nell’approvazione della legge Martelli.
Da allora sono trascorsi 24 anni. La società italiana è cambiata e i cittadini stranieri ne ccostituiscono una parte significativa. Le pratiche di interazione si moltiplicano nella scuola, nel mondo del lavoro e nelle relazioni sociali, ma permangono ampie aree di sfruttamento, di lavoro nero e di esclusione sociale. E l’economia di intere aree (non solo al Sud e non solo nelle campagne) resta saldamente nelle mani dei poteri mafiosi.
E’ proprio qui che l’assenza dello stato sembra essere la stessa di 24 anni fa.
Il resto è solo cattiva informazione.