Dopo le recenti – e incredibili – dichiarazioni sul rischio dell’estinzione della “razza bianca” pronunciate da Attilio Fontana, candidato del centro-destra alla regione Lombardia, l’antropologa Annamaria Rivera torna sul concetto di “razza”. In un articolo pubblicato sul blog di Micromega, Rivera evidenzia come ci sia una tendenza costante a “rimuovere gli antecedenti e la ciclicità del ritorno del razzismo più rozzamente biologista nel nostro Paese”. E conclude sottolineando anche che “lo scandalo intorno alla sortita di Fontana, indubitabilmente razzista, sia in buona misura ispirato dal clima pre-elettorale“.
Anche noi, di recente, abbiamo evidenziato (in Razzismo manifesto) quanto l’inasprimento del dibattito in fase pre-elettorale possa veicolare – spesso anche solo per mezzo di immagini, senza arrivare alle dichiarazioni esplicite- idee e concetti razzisti e fortemente discriminatori.
Segnaliamo di seguito l’articolo di Annamaria Rivera, pubblicato sul blog di Micromega.
Solo ora conviene proporre qualche riflessione critica, ora che finalmente si è spento il chiacchiericcio mediatico intorno alla castroneria razzista sul rischio dell’estinzione della “razza bianca”, pronunciata da Attilio Fontana, candidato del centro-destra in Lombardia.
Uno degli aspetti più fastidiosi del “dibattito” che è impazzato su svariati media è la retorica, illusoria o menzognera, della prima volta, come la definisco da alcuni anni. Prevale, infatti, nella coscienza collettiva come fra tanti locutori mediatici (anche quelli che si reputano antirazzisti), la tendenza a rimuovere gli antecedenti, lo sviluppo, la ciclicità e comunque la lunga durata del neorazzismo all’italiana, cui il leghismo, ma non da solo, ha dato un contributo rilevante.
Non è certo la prima volta che nel nostro Paese il razzismo verbale più rozzamente biologista si esprime in maniera esplicita e cruda. Per non andare troppo indietro nel tempo, si può citare l’anno 2013 che ha visto – come ho già scritto altrove– uno sconcertante ritorno della “razza”, evocata da topoi simili a quelli che potevano trovarsi nelle pubblicazioni popolari al servizio della propaganda fascista: anzitutto il motivo ricorrente che assimila i “negri” a scimmie, col tipico corollario di banane.
Nel corso di quell’anno, dileggi e insulti di tal genere s’intensificarono sempre più, prendendo a bersaglio calciatori d’origine subsahariana o d’altra provenienza straniera, oppure “solo” meridionali; ma soprattutto l’allora ministra per l’Integrazione, Cécile Kyenge, fatta oggetto d’incessanti attacchi razzisti. Uno dei più gravi, anche per la carica istituzionale ricoperta dal locutore, fu quello pronunciato da Roberto Calderoli che, da vice–presidente del Senato qual era, osò assimilare la ministra a un orango.
Dunque, non è la prima volta che una bocca leghista pronuncia espressioni classicamente razziste. Di quelle a opera di Calderoli la lista è troppo lunga per poter essere citata qui. Ugualmente estesa è quella riguardante Matteo Salvini, attuale segretario federale della Lega. Basta allora ricordarne una delle tante: “I topi sono più facili da debellare degli zingari, perché sono più piccoli”, sentenziò senza alcuna vergogna nel 2008.
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