I giornalisti Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi hanno presentato al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia una denuncia contro Vittorio Feltri, direttore del quotidiano Libero. L’azione è stata annunciata via Twitter dallo stesso Ruotolo con l’hashtag #facciamorete, nato nel dicembre 2018, che si appella ai valori costituzionali dell’antifascismo, dell’uguaglianza e della solidarietà, anche attraverso delle linee guida condivise, e che continua ad essere utilizzato dalla rete mantenendo un trend costante.
Oggetto della denuncia la prima pagina del quotidiano del 5 settembre, in particolare un editoriale sul nuovo governo dal titolo “Peggio di così non poteva capitarci. Ci sarà da divertirsi“. A dire il vero anche i quotidiani La Verità e Il Giornale non sono stati da meno quanto a titoli e commenti.
Feltri scrive su Libero: «Peggio non poteva capitare, ma non stracciamoci le vesti. Limitiamoci a vomitare per qualche tempo, che non sarà troppo lungo, speriamo. Una squadra tanto sgangherata ci riempie di vergogna e ci induce a pensare che al male, in effetti, non vi è mai limite». Un giudizio personale molto forte (vedi il richiamo al vomito), ma nel suo stile. Poi, però, all’ultimo capoverso si legge: «Non riesco a immaginare quale sia l’umore di Mattarella, costretto a benedire questa porcata. Lasciamo a Conte il suo zoo di terroni ostili al Nord che li mantiene tutti». Parole inequivocabili che lasciano poco spazio alla giustificazione. Eppure.
Già dopo l’attacco ad Andrea Camilleri, ricoverato in fin di vita in Ospedale (ricordiamo l’editoriale del 19 giugno nel quale Feltri scriveva: “L’unica consolazione per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni, almeno quanto suo fratello Zingaretti, segretario del Partito democratico, il peggiore del mondo“), Ruotolo e Borrometi avevano deciso di autosospendersi dall’Ordine dei Giornalisti e avevano raccolto su change.org 100 mila firme a sostegno della petizione che chiede la radiazione dall’albo professionale di Vittorio Feltri. Quindi, un aut aut era già stato dato: “O noi o lui”, avevano detto al Presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna. In quella lettera, era stato fatto anche l’excursus di tutti i pezzi e i titoli pubblicati da Libero che hanno suscitato polemiche. A cominciare dal “Bastardi islamici” scritto dopo gli attentati di Parigi, per il quale l’allora direttore Maurizio Belpietro venne denunciato e poi assolto, passando per la “Patata bollente” riferito a Virginia Raggi, per cui il giornale era stato condannato dal Tribunale di Milano e dall’Ordine dei Giornalisti, fino ad arrivare a “Renzi e Boschi non scopano” a “Comandano i terroni”, ed il recente “Vieni avanti Gretina” (riferito alla visita a Roma dell’attivista per l’ambiente Greta Thunberg).
Tuttavia, per intervenire concretamente, è stato chiesto di seguire le regole dell’Ordine. Essendo Feltri iscritto all’albo dei giornalisti della Lombardia, i due hanno atteso l’ultimo editoriale e hanno scritto al consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia chiedendo l’apertura del procedimento nei confronti di Vittorio Feltri. Questo, alla luce del fatto “che al punto b dell’art. 2 del ‘Testo unico dei doveri del giornalista’ è specificato che il giornalista ‘rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia” e che “le affermazioni di Feltri incitano evidentemente all’odio razziale dei settentrionali nei confronti dei meridionali”.
“Si tratta di una frase evidentemente razzista – scrivono i due giornalisti – dove i meridionali vengono appellati esplicitamente con l’aggettivo di ‘terroni’ e implicitamente come animali, visto il riferimento allo zoo. La discriminazione è rafforzata ancora di più nel rapporto con il Nord, superiore, che li ‘mantiene tutti’ con riferimento ai cittadini meridionali” (qui una foto pubblicata in rete con il testo completo della denuncia).
Feltri ha ovviamente tenuto a replicare: “Ruotolo e Borrometi mi denunciano per un articolo? Al giornalista che ha offeso la figlia di Salvini però non hanno detto nulla”. “Non capisco quale sia il problema, so che non hanno simpatia per me ma facciano quello che vogliono – ha proseguito Feltri – ‘Terrone’ è un termine che viene usato per sfottere, e io lo uso in questo senso; ha anche un significato denigratorio ma io non ho mai denigrato alcun meridionale, ormai nessuno più ce l’ha con i meridionali” sottolinea il direttore di ‘Libero’. Feltri si spinge persino a citare il dizionario Rizzoli Larousse, nel quale “Terrone” è inteso come “epiteto spregiativo o scherzoso con cui vengono designati i meridionali”.
Quindi, tanto per cambiare, Feltri avrebbe solo scherzato o ironizzato affettuosamente? Ebbene, non ce la sentiamo affatto di condividere questa lettura che ripete il solito copione della minimizzazione delle affermazioni razziste, che non fa altro che lasciar propagare l’hate speech impunemente.
Piuttosto, condividiamo con i due giornalisti quest’ultimo pensiero: “Sosteniamo che nell’era dell’odio e del rancore (stagione che speriamo rapidamente di lasciarci alle spalle) un giornalista pur “libero” di esprimersi non deve oltrepassare il limite”.
E in questo caso, lo si è ampiamente superato.