“Quattromila richiedenti asilo in un centro da 1.800 posti e oltre un anno di attesa per vedere la propria domanda esaminata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”. E’ questa la situazione in cui versano le persone presenti all’interno del Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo: lo denunciano da anni diverse associazioni, tra cui Asgi e Borderline, che ora lo ribadiscono in un documento. Una quotidianità fatta di “gravi e sistematiche violazioni dei diritti fondamentali”, che ora trova riscontro nelle recenti indagini di Mafia capitale che, come ricordano Asgi e Borderline, “investono la gestione del centro di accoglienza”.
Già nel giugno 2011 il rapporto “Il diritto alla protezione” descriveva il Cara e le sue criticità, ben conosciute dal Ministero dell’Interno visto che il rapporto è stato finanziato con Fondi comunitari e edito dallo stesso Viminale. In un capitolo ad hoc, “Il ‘villaggio della solidarietà’ di Mineo: un luogo sospeso”, le associazioni descrivono le problematiche del centro, che perdurano ancora oggi. E’ il caso, ad esempio, della “mancata consegna dei documenti previsti dalla normativa nazionale e comunitaria: a nessuno dei richiedenti asilo viene comunicato per iscritto il provvedimento con il quale il Questore dispone l’invio del richiedente asilo presso il Cara”. La diretta conseguenza? “Che l’accoglienza viene disposta in maniera illegittima, e che la stessa si protrae ben oltre i tempi stabiliti dalla legge”. Non solo: “anche al momento della formalizzazione della domanda di protezione internazionale, ai richiedenti non vengono rilasciati gli attestati nominativi che certificano la qualità di richiedenti asilo, né successivamente, al termine del periodo normativamente previsto per l’accoglienza, vengono rilasciati i permessi di soggiorno per richiesta asilo. I documenti non vengono rilasciati nemmeno a seguito della proposizione dei ricorsi davanti al Tribunale”. Una prassi che rende estremamente vulnerabili i richiedenti asilo, i quali senza documento vedono gravemente pregiudicato “sia l’effettivo esercizio del diritto di difesa, tra cui l’accesso al gratuito patrocinio, sia la possibilità di lavorare regolarmente, con il conseguente proliferare del lavoro nero e del caporalato nelle campagne circostanti il centro”.
Inoltre, a Mineo è carente il servizio di informazione e orientamento legale, pur previsto nello schema di appalto del Ministero dell’Interno. Altra grave criticità documentata dalle associazioni è la “mancata erogazione da parte dell’ente gestore del pocket money di € 2,50, con ulteriori dubbi sulla trasparenza e gestione dei finanziamenti pubblici”.
In definitiva, si riscontra “la carenza, o comunque inefficacia, dei controlli sulla gestione del Cara di Mineo, cui istituzionalmente è preposta la Prefettura, che non ha mai convocato il Consiglio Territoriale, come richiesto dalle associazioni di tutela degli immigrati, per discutere delle criticità e carenze da noi esposte”.
Contro questa situazione i richiedenti asilo hanno organizzato negli anni molte manifestazioni di protesta mai prese in considerazione dalle istituzioni, la cui risposta è sempre stata solo repressiva: cosa che peraltro ha reso più semplice la strumentalizzazione, da parte di gruppi di destra e movimenti razzisti, delle giuste proteste dei cittadini stranieri, legittimate una volta di più dall’inchiesta ‘Mondo di mezzo’. (per approfondimenti sulle proteste vedi qui e qui)
“Il perdurare di tali gravi inadempienze conferma la nostra iniziale contrarietà alla creazione del C.A.R.A. di Mineo in quanto operazione meramente speculativa e clientelare” affermano le associazioni, secondo cui un reale sistema di accoglienza può essere perseguito solo attraverso progetti di piccole dimensioni, diffusi sul territorio, secondo uniformi criteri e direttive, e previo controllo dei requisiti degli enti di gestione e della formazione del personale”.