Il 26 agosto 2016 Enrica Rigo e Nick Dines hanno visitato, insieme alle studentesse e dagli studenti della Clinica del diritto dell’immigrazione e della cittadinanza dell’Università di Roma TRE e dell’associazione Diritti di Frontiera (Di.Fro), una delle strutture allestite in Basilicata dalla Croce Rossa, con i fondi stanziati dalla Regione, destinate ad alloggiare i lavoratori migranti impiegati nella raccolta stagionale del pomodoro (il resoconto della visita è stato pubblicato sul sito connessioniprecarie.org). Dopo lo sgombero del ghetto di Boreano (ne abbiamo parlato anche qui), neanche questa sembra essere una soluzione dignitosa ed adeguata né alle necessità dei migranti che lavorano nei campi, né alla lotta al caporalato. Un quadro desolante. Scene che con tutta probabilità vedremo riproporsi da qui ad un anno. Qui di seguito l’articolo.
Il titolo del regolamento interno della Croce Rossa Italiana (CRI) le definisce «strutture di accoglienza dei cittadini migranti stagionali». A leggerlo senza conoscerne il contesto, si potrebbe pensare a una sorta di colonie estive destinate a cittadini privilegiati che trascorrono parte dell’anno nella residenza di città e con la bella stagione si trasferiscono al mare o in campagna, magari per godersi i frutti e il meritato riposo di una vita di lavoro. Basta però scorrere qualche riga per rendersi conto che i «cittadini migranti stagionali» non sono altri che i «lavoratori stagionali extracomunitari», che ogni anno sono impiegati nella raccolta del pomodoro nei comuni di Venosa e di Palazzo San Gervasio.
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