Un ottimo film, quello di Andrea Segre, L’ordine delle cose; un gruppo di organizzazioni che si mette in rete (Amnesty, Banca popolare etica, Medu, Naga, MSF,); un appello a discutere insieme a Roma il 3 dicembre su un possibile lavoro comune “Per cambiare l’ordine delle cose”; 3 documenti preparatori per altrettanti gruppi di lavoro su Vie regolari e canali umanitari; comunicare e agire al tempo delle migrazioni; dall’accoglienza al welfare solidale. E una risposta quanto meno sorprendente: circa 800 le persone iscritte on line, tra i 400 e i 500 i partecipanti effettivi al forum che si è svolto a Roma presso il Centro congressi Frentani domenica scorsa, dedicato a Alessandro Leogrande, che avrebbe dovuto parteciparvi e che invece è prematuramente scomparso proprio alcuni giorni prima.
Le testimonianze che hanno aperto il forum hanno illuminato bene l’ordine delle cose esistente. Tra le molte, quella straordinaria di Francesca Mannocchi, appena tornata dalla Libia, ribattezzata dalla giornalista “il paese degli equivoci” grazie alla cosmesi delle parole che si usano per descriverla. Si parla di centri di accoglienza dei migranti, ma sono centri di detenzione (come in Italia N.d.R). Non si sa quanti sono: quelli legali tra i 29 e i 43; quelli illegali gestiti dalle milizie sono moltissimi e assumono varie forme: un garage di casa può servire allo scopo. La schiavitù in Libia, denunciata dall’ottimo reportage della Cnn, esiste e non da ora, ricorda Mannocchi. E non si capisce la Libia se non si guarda a ciò che sta succedendo al denaro: a febbraio scorso un euro valeva 3 dinari; oggi ne vale 11. E il denaro circola grazie al traffico dei migranti. Gran parte dei dipendenti pubblici non ricevono lo stipendio da mesi e il massimo che si può ritirare ai bancomat, sorvegliati dalle milizie armate, sono 250 dinari al mese. Ecco cosa è la Libia oggi, ecco il paese con il quale abbiamo stretto un accordo per fermare gli sbarchi di migranti sulle nostre coste. La verità, ha ricordato Annalisa Camilli, è che “abbiamo interiorizzato il sistema che produce schiavitù”. C’è un nesso che lega la deumanizzazione dei migranti in Libia e la degenerazione del discorso pubblico e politico sulle migrazioni nel nostro paese che va scardinato. Discussione, analisi, formazione collettiva, ricostruzione e condivisione delle storie individuali possono costituire un ottimo antidoto.
Intensa la partecipazione ai gruppi di lavoro rigidamente gestiti in modo da far parlare il massimo numero di persone invitate ad avanzare proposte per un’agenda di lavoro da mettere in campo nei prossimi mesi. Sia nelle plenarie che nei gruppi di lavoro l’indicazione più evidente ed esplicita è l’esistenza di moltissime persone che a titolo individuale o collettivo, in forma volontaria, attivista o professionale rifiutano l’attuale modello di gestione delle politiche migratorie, di accoglienza e di inclusione sociale e hanno una certa urgenza di mettersi in rete e di avere dei punti di riferimento. La frammentazione non paga e lo dimostrano anche i recenti episodi di violenza xenofoba e razzista e l’agibilità politica di movimenti di impronta esplicitamente neofascista.
Dal forum è uscito un primo manifesto con nove proposte: l’obiettivo è discuterlo nei prossimi mesi sul territorio, portarlo a Bruxelles il 31 gennaio e rivedersi ancora una volta a livello nazionale in una data da definire. La sfida: metterlo al centro del dibattito politico che si svolgerà durante la campagna elettorale. Tra i punti dirimenti: l’apertura di canali di ingresso regolare per motivi di lavoro e di ricerca di lavoro, il sostegno alla riforma del Regolamento Dublino approvata dal Parlamento europeo; la richiesta di una iniziativa di evacuazione straordinaria dalla Libia, la cancellazione degli accordi con i paesi terzi sull’esternalizzazione delle frontiere, il superamento del sistema di accoglienza emergenziale, la richiesta di trasparenza delle politiche migratorie concordate con i paesi terzi, la promozione di iniziative di informazione e di comunicazione che ne favoriscano la correttezza e contrastino l’hate speech.
Chiunque è interessato a mettersi in rete può farlo. Le informazioni sono disponibili qui: https://pclodc.blogspot.it/