‘Buoni spesa solo per i residenti: cosi’ non va’. È lo slogan lanciato da associazioni e realta’ sociali, romane e non solo, nell’appello lanciato per chiedere all’amministrazione di Roma Capitale “di riconsiderare l’avviso pubblicato” per l’erogazione dei cosiddetti ‘buoni spesa’, “sostituendo al requisito della residenza quello del domicilio, anche temporaneo, nel territorio comunale”. A promuovere l’appello: A Buon Diritto Onlus, Amnesty International Italia, Arci Roma, Astra 19, Brancaleone, Brigata di Mutuo Soccorso Astra, CivicoZero Onlus Soc. Coop. Soc., Focus-Casa dei Diritti Sociali, Grande come una citta’, Laboratorio 53 Onlus, Liberi Nantes, Nonna Roma, Pensare Migrante, Pianeta Sonoro, Sparwasser, Sportello Tuteliamoci-Lab.Puzzle.
A novembre la Regione Lazio ha stanziato 5 milioni di euro per Roma Capitale, per rifinanziare la misura relativa ai “buoni spesa”, demandando ai singoli Comuni la gestione delle modalità di richiesta ed erogazione. Dopo diversi mesi di ritardo, il Comune di Roma ha dato il via alla procedure di richiesta dei bonus spesa – di importo variabile in base al numero dei componenti del nucleo familiare – a favore delle “famiglie in condizioni di disagio”, fino ad esaurimento fondi.
Una misura analoga era stata adottata all’inizio dell’emergenza, con risultati tuttavia piuttosto deludenti: come sportelli legali e realtà che quotidianamente offrono sostegno a soggetti svantaggiati in questa città, abbiamo aiutato nella compilazione e nell’invio delle relative domande e ci siamo trovati, dopo mesi, a denunciare – oltre ai notevoli ritardi nell’evasione delle pratiche – la mancata erogazione dei bonus nei confronti di centinaia di richiedenti in situazione di estrema necessità. Non li abbiamo lasciati soli e abbiamo fatto quello che avrebbe dovuto fare il Comune: continuare a consegnare fino ad oggi i “pacchi spesa” su base volontaria per poter sopravvivere.
Ci saremmo quindi aspettati un cambio di passo dell’Amministrazione, una maggiore attenzione nei confronti di chi sta pagando di più questa crisi e rischia di non rialzarsi.
E invece no. Se possibile, l’approccio è peggiorato: il Comune ha inserito tra i requisiti di accesso al beneficio la residenza nel territorio capitolino.
Un anno fa l’avviso pubblico ricomprendeva anche chi si trovasse temporaneamente nella nostra città, pur avendo residenza altrove. La magistratura aveva poi fatto il resto, aprendo all’erogazione addirittura a favore di chi fosse sprovvisto di un regolare titolo di soggiorno, con la motivazione che una misura emergenziale non può escludere chi si trova in una grave situazione di marginalità sociale ed economica.
A ben vedere, infatti, poter ottenere l’iscrizione anagrafica a Roma è sempre più un privilegio, richiedendo il possesso di un regolare contratto di locazione o altro titolo in una città in cui proliferano i subaffitti in nero e il mercato delle residenze false. Una città in cui l’iter per la concessione della residenza per senza fissa dimora (Via Modesta Valenti) dura mesi e mesi. Non si può continuare a far pagare il prezzo di tutto questo agli ultimi e alle ultime di questa città.
Prevedere tra i requisiti per la corresponsione del bonus spesa la residenza nel territorio capitolino denota una chiara volontà escludente e significa nella pratica estromettere chi ha maggiore necessità di un supporto per la sopravvivenza e l’acquisto di beni di prima necessità, come una parte della popolazione migrante, gli studenti e i cittadini “fuorisede” che sono domiciliati nella nostra città.
Chiediamo quindi all’Amministrazione di riconsiderare l’avviso pubblicato, sostituendo al requisito della residenza quello del domicilio, anche temporaneo, nel territorio comunale.
Perché è un dovere non lasciare nessuno e nessuna indietro, specialmente adesso.