Un uomo, di cittadinanza afghana, è stato ucciso ieri sera in Bulgaria dai proiettili sparati da un poliziotto di guardia alla frontiera. Lo ha comunicato Georgi Kostov, portavoce del ministero dell’Interno bulgaro, parlando di un “incidente” avvenuto nell’area di Sredets, città della Bulgaria sudorientale a trenta chilometri dal confine con la Turchia. Alle 22.00, una pattuglia di guardia avrebbe intercettato un gruppo di 54 persone mentre provavano a entrare in Bulgaria: “Hanno resistito all’alt delle forze dell’ordine opponendo resistenza. Uno dei poliziotti ha sparato dei colpi di avvertimento e un uomo è stato colpito accidentalmente da un proiettile, ed è deceduto durante il trasporto in ospedale”, è la versione diffusa dal ministero dell’interno. Kostov ha aggiunto che gli altri profughi – tutti cittadini afghani di età compresa tra i venti e i trent’anni – sono stati arrestati. Sull’omicidio l’autorità giudiziaria avrebbe aperto un’inchiesta.
Boris Cheshirkov, portavoce dell’Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr) in Bulgaria, oltre a sottolineare che è la prima volta che un migrante viene ucciso mentre prova a entrare in territorio europeo (almeno, la prima volta che viene ufficialmente riconosciuto), ha definito quanto accaduto “deprecabile: cercare protezione è un diritto universale, non un crimine”, condannando la politica dei respingimenti della Bulgaria. Che, dal canto suo, in linea con l’Ungheria, sta ultimando una barriera di 160 km di rete e filo spinato lungo la frontiera con la Turchia. Solo l’anno scorso Human Rights Watch era intervenuta in merito, accusando la Bulgaria di violare i diritti dei profughi forzandoli a ritornare in Turchia.
L’uccisione dell’uomo è avvenuta mentre si riuniva a Bruxelles il Consiglio europeo – il quarto dedicato alla “questione immigrazione” dall’inizio del 2015 – in cui i rappresentanti istituzionali dei paesi membri hanno discusso ancora una volta di come meglio esternalizzare i confini europei. Al centro del dibattito non l’accoglienza e la protezione ma Frontex e il controllo delle frontiere. E mentre il primo ministro bulgaro Boyko Borisov, ricevuta la notizia, lasciava il meeting per recarsi a Sofia, il presidente del Consiglio dell’Unione europea Donald Tusk rassicurava che “la protezione delle nostre frontiere esterne è oggi la nostra priorità principale. Il premier Borisov è consapevole che noi siamo pronti ad aiutare”.
Un uomo è stato ucciso e cinquanta persone al massimo trentenni sono state arrestate. Tutte provenivano dall’Afghanistan. Il fatto che i mass media non parlino più di questo paese non significa che siano terminate le sofferenze di un popolo economicamente, politicamente e socialmente martoriato da più di dieci anni di guerra. A ricordarcelo con drammatica eloquenza sono arrivate recentemente le bombe statunitensi lanciate per più di un’ora contro l’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, nel nord del paese, che hanno provocato la morte di ventidue persone tra pazienti e personale medico (per info: http://www.medicisenzafrontiere.it/bombardato-il-nostro-ospedale-kunduz).
Di fronte a questo scenario, è paradossale che un rappresentante europeo senta l’esigenza di parlare di difesa delle frontiere e non di accoglienza delle persone senza esprimere una sola parola di cordoglio per la vittima.