Non sono passati nemmeno due mesi dalla pubblicazione di un articolo in cui parlavamo delle “tutele alla deriva” e già ci troviamo di fronte a un altro episodio che deve far riflettere.
A Villasanta (Monza e Brianza), due bambini di 6 anni litigano. La maestra interviene, cade e si procura un livido alla gamba: i medici diagnosticano tre giorni di prognosi. Come risultato, i bambini vengono sospesi per un mese, ossia fino alla fine delle lezioni, e viene vietato loro di andare alla festa finale.
Non avete letto male: i bambini hanno 6 anni, e tutto questo è successo all’asilo.
La decisione della preside ha scatenato diverse reazioni: da una parte, alcuni genitori la ritengono eccessiva, tanto che hanno affisso al cancello dell’asilo il cartello (poi rimosso) ‘La scuola è educazione, non espulsione’. Altri genitori invece si dicono soddisfatti: sembra si fossero già lamentati per il comportamento dei bambini.
Vittore Mariani, docente di pedagogia dell’università Cattolica di Milano, intervistato da La Repubblica sottolinea che “il vero problema è che manca una rete delle strutture educative, in grado di andare a tappare le falle educative che si verificano nella nostra società”.
Insomma, secondo Mariani il problema sarebbe, come la maggior parte delle volte, a monte, e questo episodio lo palesa: le istituzioni educative, tra le quali gli istituti per l’infanzia, avrebbero il compito di accompagnare il minore nei processi di socializzazione, apprendimento e crescita. Tutti i minori, e ancor più quelli che, per i motivi più diversi, possono incontrare dei problemi nell’affrontare questi percorsi. La risposta degli educatori, di fronte a una criticità, è l’allontamento?
Oltre a questa questione, nella vicenda ne emerge un’altra, ed è quella che riportavamo anche nell’articolo di due mesi fa, ossia la modalità con cui la stampa ha trattato la notizia. La maggior parte dei quotidiani riferisce che “i bambini sono di origine nordafricana”, “figli di genitori nordafricani”. Lo specifica Il Corriere, lo riporta La Repubblica; il giornale di Vimercate parla di “due bimbi di colore”.
Titoli e sommari in genere hanno lo scopo di comunicare al lettore rapidamente la “notizia” che sta alla base degli articoli. Ma in questo caso la “notizia” rilevante qual’è? La reazione eccessiva e impropria di una educatrice o l’area di origine dei due bambini coinvolti?
Sottolineare l’origine dei bambini che tipo di contributo offre alla comprensione della vicenda? A nostro parere, nessuno. Evidentemente, invece, alcuni giornalisti credono che l’origine nazionale dei genitori dei due bambini sia rilevante al fine di spiegare il comportamento dei minori. Così sembra almeno leggendo il pezzo di Repubblica.
La citazione del commento di alcuni educatori dell’oratorio (che però hanno voluto mantenere l’anonimato) “Sono figli di famiglie che faticano a integrarsi” seguita dalla considerazione che “I due piccoli protagonisti della vicenda già da un paio di anni sono seguiti dagli assistenti sociali del comune”, sembra voler trarre rapidamente una conclusione.
Integrarsi: una parola che ritorna spesso, ma senza che ne venga fatto emergere il carattere unidirezionale, come se l’integrazione fosse un dovere delle persone che vengono “da fuori”, che dovrebbero “sforzarsi” di adottare dei comportamenti che noi consideriamo consoni. E inoltre, anche volendo, cosa dovrebbero fare queste famiglie per “integrarsi”? E come ci si può “integrare” se anche a sei anni non sei un bambino ma un “figlio di genitori nordafricani”, o un “bimbo di colore”?
L’informazione affrettata e sensazionalistica può alimentare i processi e i comportamenti di esclusione, non meno del provvedimento della direttrice dell’asilo di Villasanta. Come hanno sottolineato gli stessi genitori degli altri bambini: “Metterli alla porta può avere solo l’effetto di rendere ancora più complicata la loro situazione”. Intanto, i genitori dei due bambini sospesi si sono rivolti a un avvocato per capire se il provvedimento preso nei confronti dei figli è lecito.