Anche nel 2017 le risorse destinate alle politiche migratorie e sull’asilo sono destinate a svolgere un ruolo cruciale che va oltre l’ambito di intervento specifico cui si riferiscono. Come già nel 2016, il Governo ha, infatti, chiesto alla Commissione Europea di riconoscere una maggiore flessibilità di bilancio (più deficit rispetto a quello programmato) pari allo 0,22-0,24% del Pil per far fronte a quella che nel Documento Programmatico di Bilancio inviato a Bruxelles è ancora definita la “crisi dei migranti”. La spesa stimata dal Governo per giustificare tale richiesta è pari a 3,3 miliardi per il 2016 e a 3,8 miliardi per il 2017, al netto dei contributi comunitari. I costi considerati in queste stime comprendono per il 2017 le attività di soccorso in mare (796 milioni), le spese di accoglienza (2,4 miliardi) e quelle in sanità e istruzione (547 milioni).
Indubbiamente anche nel 2016 gli arrivi dei migranti e dei richiedenti asilo nel nostro paese sono stati consistenti: al 31 ottobre 2016 sono più di 159mila le persone giunte via mare dal Sud del Mediterraneo e 172mila quelle ospitate nel sistema di accoglienza, di cui ben 133mila sono accolte nelle strutture temporanee allestite per conto delle Prefetture (Dati Ministero dell’Interno). Nel 2016 sono divenuti pienamente operanti quattro hot-spot presso le zone di sbarco (Lampedusa, Pozzallo, Taranto e Trapani) destinati alla primissima accoglienza e alla foto-segnalazione delle persone, strutture imposte dalla Commissione Europea e in cui, come documentato di recente anche da Amnesty International, sono compiute gravi violazioni dei diritti umani.
Siamo costretti ancora una volta a osservare che i paesi più esposti ai flussi migratori, come l’Italia e la Grecia, subiscono le conseguenze del fallimento dell’Agenda Europea sull’Immigrazione (solo 1945 “ricollocazioni” di richiedenti asilo in altri paesi europei, sulle 40mila programmate dall’Italia, sono state realizzate). Finché il controllo dei mari e delle frontiere, il contrasto delle migrazioni “irregolari”, la cooperazione con i paesi terzi piegata a questo obiettivo e il blocco delle migrazioni cosiddette “economiche” resteranno le priorità perseguite dall’Unione Europea, (per altro in un contesto di forte differenziazione tra i singoli paesi, sia quanto ai sistemi di accoglienza, sia quanto alla situazione economica e alla capacità di garantire effettivi percorsi di inserimento sociale e lavorativo dei migranti e dei rifugiati), l’Italia sarà destinata a scontare duramente il ritardo con il quale ha attivato interventi di accoglienza e non ha invece ancora attivato politiche strutturali e sistemiche di inclusione sociale.
Ciò ha delle conseguenze anche sul piano della programmazione dell’allocazione delle risorse come testimonia la necessità di integrare a fine anno le risorse stanziate per l’accoglienza per il 2016 prevedendo 600 milioni di euro aggiuntivi per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza con il decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016 (disposizioni in materia fiscale).
E se sul piano politico, è sicuramente da registrare come un fatto positivo la riforma del sistema di funzionamento dello SPRAR (la rete di enti locali che garantisce l’accoglienza ordinaria per i richiedenti asilo e rifugiati) finalizzata ad ampliare il numero dei Comuni che aderiscono al sistema, non va dimenticato che il nostro Governo ha sostenuto l’accordo stretto tra Unione Europea e la Turchia per chiudere la cosiddetta rotta balcanica (quella Turchia considerata un “paese terzo sicuro” mentre viola sistematicamente i diritti umani di chiunque osi opporsi al suo Presidente) e ha rispolverato con il suo Migration compact antiche velleità di accordi di cooperazione con i paesi terzi al fine di fermare le partenze dei migranti dai paesi di origine e di transito, anche prevedendo un utilizzo creativo di strumenti finanziari. Ecco allora spiegata la comparsa per il 2017 di un Fondo Africa di 200 milioni di euro e di quella norma del disegno di legge di bilancio (Art. 22) che consente l’ingresso in Italia “extra-quote”, con l’ottenimento di un permesso di soggiorno di due anni rinnovabile per altri tre, a chi investe almeno 1 milione di euro in società italiane o compra almeno 2 milioni di euro in titoli di stato. Come dire: fermiamo chi cerca una vita dignitosa in Europa perché nel suo paese non può averla, ma apriamo le porte a chi ha soldi e li investe in Italia, ovvero proprio a chi potrebbe vivere tranquillamente a casa propria.
L’analisi degli allegati al Disegno di Legge di Bilancio
L’analisi degli allegati al Disegno di Legge di Bilancio consente di individuare in dettaglio la traduzione economica di queste scelte e l’allocazione delle risorse sui diversi capitoli di spesa.
L’Allegato n.8, Stato di previsione del Ministero degli Interni, evidenzia i seguenti stanziamenti.
Il cap. 2351 (2) riceve uno stanziamento di un miliardo e trecentoventi milioni di euro per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Lo stanziamento è triplicato rispetto a quello iniziale previsto nel 2016. Benché la denominazione del capitolo non lo espliciti chiaramente rientrano in questa voce le spese per la gestione dei Cie, degli Hub (ex Cara), degli Hot-spot e dei Cas (strutture di accoglienza “temporanea”, gestite dalle Prefetture). In effetti il Governo ha dovuto integrare i fondi previsti su questa voce per il 2016 con 600 milioni di euro attraverso il Decreto fiscale che accompagna la manovra 2017.
Per il cap. 2352, sono stanziati 395,7 milioni per il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo. Si tratta delle risorse destinate al sistema di accoglienza ordinario per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che vede una piccola diminuzione rispetto al 2016 di quasi 5 milioni di euro.
Per il cap. 2353, sono previsti 170 milioni di euro per il Fondo per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Il cap. 2255, 15,4 milioni di euro per il funzionamento della Commissione nazionale per il diritto di asilo e delle commissioni territoriali preposte all’esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato. Si registra in questo caso positivamente un aumento di più di 5 milioni di euro rispetto al 2016.
Resta fermo a 50 milioni di euro il cap. 7351 (2) per la costruzione, l’acquisizione, il completamento e l’adattamento di immobili destinati a “centri di permanenza temporanea e assistenza, di identificazione e di accoglienza“, per gli stranieri irregolari e richiedenti asilo.
Il cap. 2371 prevede 9 milioni di euro per le missioni all’interno e all’estero, comprese quelle per altre amministrazioni dello stato che presta servizio presso il dipartimento di pubblica sicurezza, le questure e gli altri uffici periferici della polizia di stato;
Il cap. 2646 (3), 2,8 milioni di euro per le spese di viaggio, trasporto e mantenimento di indigenti per ragioni di sicurezza pubblica; per il rimpatrio di stranieri a seguito di provvedimento di espulsione o respingimento e per l’allontanamento dal territorio nazionale di stranieri a seguito di accordi e convenzioni internazionali.
Il cap. 2734 prevede 2,1 milioni per i “rimborsi forfettari al personale della pubblica sicurezza per il servizio di scorta sui treni di lunga percorrenza ed Euronight nell’interesse della società di trasporto ferroviario”. Tanto costa sorvegliare i treni per impedire ai migranti privi di titolo di soggiorno di raggiungere altri paesi europei.
2,5 milioni di euro sono destinati al cap. 2735, per la gestione e manutenzione del sistema di informazione visti finalizzato al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale.
Nell’Allegato n. 4 Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali si segnalano invece:
il cap. 3540, 28,1 milioni da corrispondere all’Inps per l’erogazione dei benefici connessi al permesso di soggiorno;
il cap. 3541, 17,1 milioni di euro da corrispondere all’Inps per l’erogazione dei benefici connessi al diritto di soggiorno dei cittadini UE e dei loro familiari nel territorio degli stati membri;
il cap. 3783, 4,39 milioni di euro per il Fondo Nazionale per le Politiche migratorie.
Complessivamente l’allocazione delle risorse evidenzia la concentrazione delle competenze su immigrazione e asilo presso il Ministero dell’Interno, il Ministero delle Politiche Sociali ha ormai perso qualsiasi ruolo. In particolare va evidenziato che a fronte degli arrivi degli ultimi anni la gran parte delle risorse è stata concentrata sugli interventi di primo soccorso, sorveglianza dei mari e delle frontiere, trattenimento nei Cie e accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. Del tutto assente qualsiasi stanziamento rivolto a strutturare un modello di inclusione sociale e lavorativa senza il quale anche il circuito dell’accoglienza è destinato ad implodere.
Infine nell’allegato 6 Stato di previsione del Ministero degli Affari Esteri compare l’istituzione del Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo con i paesi africani per le rotte migratorie. Per il cosiddetto Fondo Africa il Cap. 3109 prevede 200 milioni di euro. Si tratta del primo esito del Migration Compact con il quale il Governo ha deciso di avviare un piano straordinario di cooperazione con alcuni paesi chiave di origine o di transito dei migranti che giungono via mare. In sostanza: in cambio di risorse per investimenti si chiede a questi paesi di “collaborare” nella gestione (alias blocco) dei flussi migratori. La cooperazione ancora una volta è piegata a fini che con l’aiuto pubblico allo sviluppo delle popolazioni c’entrano poco o niente.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Chiusura definitiva dei Cie e degli Hot-spot
Si propone di smantellare il sistema dei Cie, dei Cara e di ridurre il sistema di accoglienza straordinario (CAS) a vantaggio di quello ordinario (SPRAR) e degli interventi di inclusione sociale e lavorativa.
Risparmio: 600 milioni
Più fondi per lo SPRAR
L’aumento delle risorse stanziate in legge di bilancio (395 milioni) per lo SPRAR non è sufficiente. Si propone di aumentare lo stanziamento di 200 milioni per consentire un ulteriore ampliamento di circa 15.600 posti in accoglienza ordinaria.
Costo: 200 milioni
Sblocco turn over per i Comuni che aderiscono allo Sprar
Ad oggi solo una piccola parte dei Comuni ha aderito allo Sprar. Questa è una delle concause che determinano l’apertura emergenziale di strutture di accoglienza da parte delle Prefetture, spesso in conflitto con le amministrazioni locali. Si propone di incentivare la partecipazione dei Comuni al sistema di accoglienza ordinaria anche prevedendo lo sblocco del turn over del personale. Ciò per altro consentirebbe un impegno più qualificato dei Comuni nel coordinamento e nel monitoraggio dei servizi erogati. 1000 dipendenti pubblici adibiti a tale scopo distribuiti sui nuovi progetti Sprar presentati comporterebbero una spesa contenuta.
Costo: 30 milioni
Abolizione visti di ingresso privilegiati per super-ricchi
Si propone di abolire l’Art.22 del Disegno di legge di Bilancio che prevede l’ingresso e l’ottenimento di un permesso di soggiorno extra-quote per i cittadini stranieri super-ricchi che investono in società italiane o comprano titoli di stato nazionali.
Costo: 0
Più risorse per gli interventi di inclusione
Negli ultimi anni gli scarsi fondi destinati a finanziare gli interventi di inclusione sociale e lavorativa dei cittadini stranieri sono stati di fatto azzerati. Si tratta di una scelta miope che non fa i conti con la presenza strutturale di persone che vivono stabilmente nel nostro paese. Si propone di stanziare per un Piano nazionale per l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo dei migranti che comprenda la lotta all’insuccesso scolastico dei ragazzi di origine straniera 200 milioni di euro.
Costo: 200 milioni
Un sistema nazionale di protezione contro le discriminazioni e il razzismo.
Si propone di rafforzare la struttura dell’Unar, accrescendone l’autonomia e le competenze e rendendolo indipendente dal Governo, supportando le azioni di prevenzione, di denuncia e di tutela delle vittime di discriminazione e razzismo anche grazie alla creazione di una rete di sportelli legali anti-discriminazione diffusi in tutti i Comuni capoluogo di provincia.
Costi: 50 milioni di euro
Avvio di un piano nazionale di smantellamento dei campi “nomadi”
75 milioni di euro potrebbero essere destinati alla predisposizione, anche grazie all’auto-recupero, di abitazioni dignitose che consentano ai rom di abbandonare i campi e di partecipare a progetti di inserimento scolastico e lavorativo. Solo una strategia di inclusione abitativa, sociale e lavorativa complessiva può consentire di porre fine alla vergogna delle politiche dei “campi nomadi”, veri e propri spazi di segregazione abitativa, sociale e culturale.
Costi: 75 milioni