L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha avviato un’istruttoria nei confronti del Comune di Roma in merito alla gestione della struttura denominata “Best House Rom”. L’intervento arriva dopo l’esposto presentato all’Autorità dall’associazione 21 Luglio, che ha denunciato sia le condizioni strutturali del centro sia la mancanza di trasparenza nelle modalità di affidamento diretto dal Comune alla cooperativa Inopera. Proprio su quest’ultimo punto si concentra l’attenzione dell’Autorità, guidata da Raffaella Cantone, che ha chiesto al Comune di Roma una giustificazione circa i reiterati affidamenti diretti di breve durata alla cooperativa Inopera, nonché in merito alla mancanza di una opportuna pubblicazione a livello comunitario degli stessi affidamenti. Sulla gestione del centro pesano infatti gravi carenze di trasparenza: “la struttura è stata inaugurata a luglio 2012 quando, con determinazione dirigenziale n. 3233 del 9 luglio 2012, firmata dall’allora Direttore del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma Angelo Scozzafava – arrestato in seguito all’inchiesta su Mafia Capitale – il Comune ha affidato in maniera diretta alla cooperativa Inopera il servizio di accoglienza di circa 300 rom sgomberati dall’insediamento di via del Baiardo, e di altri rom provenienti dal campo di Castel Romano. A cui si sono aggiunti nel dicembre 2013 137 rom provenienti dal ‘villaggio attrezzato’ di via della Cesarina, e altre persone vittime di sgomberi forzati”, denuncia la 21 Luglio. In mancanza di un bando pubblico e trasparente, l’Autorità ha richiesto al Comune di fornire informazioni dettagliate sui requisiti richiesti alla cooperativa Inopera per la gestione del servizio di accoglienza e sulle autorizzazioni in materia urbanistica, edilizia, di igiene, sicurezza e prevenzione incendi. Infine, ha richiesto un elenco delle verifiche della corretta esecuzione della prestazione da parte della cooperativa.
E’ forse proprio la totale mancanza di trasparenza ad aver permesso di trasferire e lasciar vivere centinaia di persone in un capannone industriale, quale è il Best House Rom: situato nella periferia orientale della Capitale, è un immobile classificato, “secondo la visura dell’Agenzia del Territorio, nella categoria C/2, la stessa riservata ai locali utilizzati per il deposito delle merci. Non potrebbe, dunque, ospitare delle persone”, segnala la 21 Luglio. Invece, all’interno della struttura vivono “in condizioni precarie alcune centinaia di rom all’interno di spazi angusti, privi di finestre per il passaggio dell’aria e della luce naturale”. Veri e propri “loculi” come definiti dal presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi, durante una visita alla struttura organizzata lo scorso gennaio dall’associazione. Le condizioni del centro non sono infatti sconosciute alle istituzioni: insieme ai senatori Luigi Manconi e Manuela Serra della Commissione Diritti Umani del Senato – che hanno parlato di “una sistematica violazione dei diritti umani”, e di una “condizione di segregazione abitativa e sociale” – hanno visitato la struttura anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi e l’assessora alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese. ““Il ‘Best House’ va chiuso. Mi sto preoccupando di trovare un sistema di accoglienza rispettoso dei diritti delle persone e stiamo effettuando un monitoraggio al riguardo. Entro un paio di mesi conto di sistemare tutto”, affermava lo scorso gennaio l’assessora Danese, denunciando anche i “costi altissimi del centro per l’amministrazione comunale, oltre 700 euro al mese a persona, senza possedere nemmeno i requisiti igienico-sanitari”. Ma alle parole non sono seguiti i fatti: “Il mostro (così aveva definito l’assessora Danese la struttura) è ancora lì e continua, imperterrito, a nutrirsi dei milioni di euro che vi confluiscono in maniera poco trasparente. Sulla pelle dei rom”, afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio. Che segnala anche come, con il passare del tempo, sia emerso il coinvolgimento della cooperativa Inopera nelle intercettazioni e nei dialoghi con altre realtà ora indagate nell’inchiesta Mafia Capitale.
Nel solo 2014 “il Best House Rom è costato circa 2,8 milioni di euro – denuncia l’associazione – pari a una spesa di 650 euro al mese per ogni ospite, mentre per una singola famiglia, dalla nascita del centro, il Comune ha speso oltre 150 mila euro. Risorse che al 93% vengono usate per la sola gestione della struttura, mentre nulla è destinato all’inclusione sociale di uomini, donne e bambini”. Soldi che potrebbero essere usati per migliorare le condizioni di vita delle persone, e che invece finanziano la gestione di un luogo “privo dei requisiti strutturali, dove si violano sistematicamente i diritti umani di uomini, donne e bambini”. “Non riusciamo a capacitarci del perché, nonostante i proclami dell’Amministrazione, sul Best House Rom non sia ancora stata messa la parola fine. A fronte dell’immobilismo istituzionale – sottolinea la 21 Luglio – non ci resta che confidare nella scure dell’Ufficio guidato da Raffaele Cantone e nell’assestamento del colpo decisivo a questa vergogna capitale”.