Sono andati nel posto che, almeno per corrispondenza linguistica, spetta loro di diritto: la Casa del rifugiato, da ieri occupata da una cinquantina di richiedenti asilo allontanati dal Cara.
L’occupazione dello stabile è arrivata dopo le numerose proteste dei migranti, che da giorni manifestavano per l’insufficienza di posti letto nel Cara di Bari Palese.
Proprio l’insufficienza dei posti ha creato per i richiedenti asilo una situazione di corto circuito: chi ha diritto alla prima accoglienza si trova inserito in una struttura in condizioni pessime proprio a causa del sovraffollamento, o non viene proprio inserito. Chi, invece, ottiene il permesso di soggiorno viene subito allontanato dal Cara per fare spazio ad altre persone, in un passaggio che, privo di un reale percorso assistito di inserimento socio-lavorativo, porta le persone in una situazione di esclusione sociale ed estrema emergenza abitativa.
“Senza alcun tipo di alternativa, alcune persone provano, nella notte, ad entrare nell’unica struttura di accoglienza presente a Bari, ossia il Cara. Da cui vengono allontanate in malo modo dalle forze dell’ordine, nell’unica risposta che la prefettura riesce a dare, quella securitaria”, afferma Federico delle Rete Rivoltiamo la precarietà, che sostiene i rifugiati. “La situazione del Cara è estremamente grave, ed è andata peggiorando nel tempo, nel silenzio colpevole delle istituzioni”. Tanto da provocare due forme di protesta contemporanee e spontanee: da una parte diversi cittadini prevalentemente di origine pakistana hanno manifestato ieri nel centro della città, in corso Vittorio Emanuele, davanti a Comune e Prefettura, per chiedere di essere accolti nel Cara come spetterebbe loro di diritto visto il loro status di richiedenti asilo. Dall’altra, i titolari di protezione allontanati dal Cara, quasi tutti di origine sub-sahariana, data la totale mancanza di risposte istituzionali, hanno occupato lo stabile di via Antonio De Tullio, di fronte al porto: la cosiddetta Casa del rifugiato.
L’edificio, di proprietà della Direzione Regionale per i Beni Culturali, ha una storia di accoglienza, di cui l’ultimo episodio è rappresentato dall’ospitalità data agli esuli greci negli anni ’50. Una storia lasciata completamente alle spalle, visto che da almeno 20 anni il palazzo è in stato di totale abbandono.
“La reazione della Direzione, e del Ministero relativo (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), non è stata, per ora, di chiusura: le persone non sono state allontanate, non è stata presentata alcuna denuncia ed è stato consentito l’ingresso di beni di prima necessità, forse perché la situazione della non-accoglienza è davvero al limite. Per quanto riguarda i rappresentanti politici locali, non c’è stato alcun tipo di interlocuzione. Abbiamo incontrato solo l’Assessore all’accoglienza del Comune di Bari Fabio Losito”, dice ancora Federico.
“C’è una oggettiva difficoltà che ci troviamo ad affrontare, vista la presenza a Bari di un centro come il Cara, sovraffollato, come dimostrano le numerose manifestazioni di migranti in questi giorni” ha dichiarato invece l’Assessore Losito. Una soluzione in realtà ci sarebbe: il recupero delle strutture abbandonate, ancor più se pubbliche, come hanno esemplificato i rifugiati occupando lo stabile. Federico cita anche un’altra esperienza di accoglienza auto-gestita. “Un altro esempio in tal senso è rappresentato dall’edificio occupato quattro anni fa dall’associazione Socrate, composta da un gruppo di cittadini eritrei e italiani, gestito con una soluzione di auto-recupero che è stata proposta dagli occupanti alla Regione”.