Decoro. Decenza, dignità, educazione, suggerisce il dizionario Treccani. Ma è un concetto molto discrezionale, almeno a giudicare dal comportamento assunto dall’amministrazione di Bari.
I vigili urbani del capoluogo pugliese hanno multato un 44enne marocchino con cittadinanza francese, per essersi sdraiato su una panchina. “Faceva caldissimo e mi sono steso su una panchina, in piazza Umberto, all’ombra di un albero – ha spiegato l’uomo – non ho fatto nulla di male, stavo avendo un mancamento per l’afa”. Parole che non hanno impedito ai vigili di infliggere una multa di 50 euro per violazione dell‘ordinanza “antibivacco”. Una misura firmata lo scorso 24 giugno dal sindaco Antonio Decaro, che vieta di “sdraiarsi, dormire, disporre giacigli, stazionare o consumare cibi e bevande in maniera scomposta o contraria al decoro”.
“Ma dove siamo arrivati?”, protesta Chouaib Chtiwi, responsabile dello sportello migranti del sindacato Usb, cui l’uomo colpito dalla multa si è rivolto per chiedere consigli su come procedere, non avendo alcuna disponibilità economica. “Il ragazzo non può pagarsi la multa, ma non stava facendo niente di male, non stava bevendo e non aveva neppure i piedi sulla panchina».
Nel frattempo, duecento persone vivono nel capannone di una ex fabbrica, la ex Set, ora in disuso. La città è la stessa, Bari. Le persone sono tutte africane, di cittadinanza varia. E a metterle in questa struttura fatiscente è stata l’amministrazione. All’interno dell’edificio ha sistemato delle tende, che al momento si trovano fuori, nel cortile, perché dentro fa troppo caldo. E, alzando le saracinesche per far passare l’aria, entrano i topi.
Le persone, che hanno tutte il documento di soggiorno per protezione internazionale, sono state trasferite nella ex Set dalla giunta, dopo l’incendio della Casa del rifugiato. Casa che avevano occupato, sistemato e preso in autogestione, tutto a proprie spese e con le proprie forze, con l’unico sostegno del collettivo Rivoltiamo la precarietà. Dal Comune, nessuna soluzione abitativa (info qui). “Ora che siete intervenuti voi come istituzioni, la nostra situazione di vita, rispetto a quella presente nella Casa del rifugiato, è peggiorata”, scrivevano i rifugiati all’indomani del trasferimento, rivolgendosi alle istituzioni, e descrivendo le condizioni di vita all’interno del capannone. “In ogni tenda, con stemma della Regione Puglia e bandiera dell’Unione Europea, dormiamo in otto persone, tra cui donne e nuclei familiari. Il capannone è umido, quando piove l’acqua gocciola dentro. Vi sono malati cronici che non riescono ad accedere alle cure. Non vogliamo essere trattati come dei poveracci e con atti di carità, bensì vogliamo essere messi nelle condizioni di lavorare, vivere in una casa e in città in maniera dignitosa, senza elemosinare cibo o altro”.
Le tende sarebbero dovute essere una “sistemazione temporanea”. Da novembre 2014, data del trasferimento, sono passati otto mesi.
Il collettivo Rivoltiamo la precarietà lancia una provocazione alla giunta: “Andate due giorni nella tendopoli dell’ex-Set. Provate voi a vivere in quelle condizioni”. Dove per “quelle condizioni” si intende una situazione indegna: tende di 10 metri quadri dove convivono donne, minori, uomini, in una promiscuità che facilità eventuali contagi. Nessun letto, ma solo brandine, in un capannone fatto di lamiera al cui interno, in questo periodo, si registrano fino a 50 gradi centigradi. Umidità, topi, e anche il problema dell’amianto.
Domani, giovedì 30 luglio, l’assessore al welfare Francesca Bottalico dovrebbe effettuare un nuovo sopralluogo all’ex Set. Intanto, la giunta fa sapere che il centro dove dovrebbero essere trasferite le persone che al momento sono nella fabbrica abbandonata non sarà pronto prima di autunno.
La ex Set si trova tra via Brigata e corso Vittorio Veneto, a meno di tre chilometri dalla panchina in piazza Umberto I dove i vigili urbani hanno fatto rispettare l’ordinanza voluta per garantire il decoro.