Il Tribunale di Torino, con un’ordinanza del 18 maggio 2018, ha dichiarato discriminatorio il bando pubblicato nell’ottobre dello scorso anno da ASTER spa – Azienda Servizi Territoriali di Genova, interamente partecipata dal Comune, nel quale veniva impedita la candidatura dei cittadini stranieri nella graduatoria per apprendisti operai addetti alla manutenzione del verde pubblico. L’Aster cercava futuri operai da assumere con un contratto di apprendistato per 30 mesi, dopo un periodo di prova di tre mesi, e un percorso formativo di 120 ore. I requisiti per accedere al bando richiedevano la maggiore età (ma under 30), avere un diploma di scuola secondaria a indirizzo agrario o un titolo di studio di scuola professionale, e (soprattutto) la titolarità della cittadinanza italiana o comunitaria. A dare notizia dell’ordinanza, è l’Asgi, che, con una nota, sottolinea di aver fatto una segnalazione alla società pubblica, che tuttavia aveva insistito sulla legittimità del suo bando. In particolare, su due punti: da un lato affermando che le società pubbliche, sarebbero parte della pubblica amministrazione (e quindi, essendo soggette alla regola del pubblico concorso, sarebbero anche soggette alle limitazioni per nazionalità e titolo di soggiorno); dall’altro affermando di far valere in proposito il principio di “enterointegrazione” del bando, secondo il quale spetterebbe ai privati verificare la legge applicabile ai fini della valutazione dei requisiti.
ASGI ha comunque ritenuto il bando discriminatorio, e vista la mancata considerazione della segnalazione, ha proposto ricorso al Tribunale di Torino (competente per territorio).
Il Tribunale ha dichiarato, fugando numerosi dubbi nel merito (visto che il requisito della nazionalità italiana si richiede in numerosi bandi, anche laddove non si dovrebbe), che le “società a partecipazione pubblica” (vedi a tale proposito l’art. 38 D.lgs 165/2001, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) non rientrano nella pubblica amministrazione, e pertanto le assunzioni alle loro dipendenze non sono soggette ai limiti del testo unico sul pubblico impiego. Il giudice ha ricordato, inoltre, nell’ordinanza, che, anche secondo l’orientamento della Cassazione, questo rapporto di lavoro è di “tipo privatistico”, e quindi deve sottostare (per i requisiti di assunzione) al generale principio paritario, indipendentemente dal fatto che l’assunzione possa poi avvenire per concorso pubblico. Oltretutto, il giudice ha dichiarato illegittimo il contenuto “limitativo” del bando, nella misura in cui “configura una discriminazione secondo i principi affermati dalla CGUE, essendo idoneo a dissuadere fortemente determinati candidati dal presentare le proprie candidature e, quindi, a ostacolare il loro accesso al mercato del lavoro”. “E’ un atto discriminante da parte del datore di lavoro – scrive il giudice – ogni comportamento che produce un effetto di pregiudizio sui lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una cittadinanza”.
Il giudice ha, in definitiva, condannato l’azienda a cambiare i termini del bando “indicando che è consentita la partecipazione anche a tutti i cittadini di paesi terzi in possesso di un titolo di soggiorno che consenta l’accesso al lavoro, e fissando un nuovo termine per la presentazione delle domande”, oltre che al pagamento delle spese di lite.
L’ordinanza rappresenta un importante risultato e un incoraggiamento per i cittadini stranieri aventi diritto all’accesso a bandi di concorso pubblici che troppo spesso prevedono requisiti di accesso discriminatori.