Il 13 marzo ci siamo imbattuti in un post sulla pagina Facebook degli #Italianisenzacittadinanza che riportava la notizia della pubblicazione, presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive di Roma IRCCS “Lazzaro Spallanzani”, in data 11 marzo 2020, di 2 avvisi urgenti di manifestazione di interesse, per soli titoli, finalizzati all’assunzione a tempo determinato (12 mesi), con disponibilità immediata, di 24 Dirigenti medici specialisti di anestesia e rianimazione e di 16 Operatori socio sanitari – OSS.
La nota di disappunto nel post Facebook era legata al fatto che, a differenza di numerosi bandi simili pubblicati in contemporanea in altre regioni d’Italia, e messi a punto proprio per far fronte alla domanda straordinaria di personale legata all’emergenza Covid-19, questi ultimi dello Spallanzani indicavano, come primo requisito di partecipazione per gli aspiranti candidati, quello della cittadinanza italiana.
Insieme agli #Italianisenzacittadinanza, abbiamo contattato il servizio anti-discriminazione di Asgi per capire, nel dettaglio, come far fronte a questa discriminazione contenuta nei bandi. Una esclusione tanto più assurda, soprattutto in tempi difficili come quello attuale. Un momento così tragico per il mondo intero, vista la proclamata pandemia, in cui tutti sono necessari a tutti. Vista l’emergenza sanitaria, tutte le competenze e le capacità disponibili, e quindi anche dei cittadini stranieri che risiedono nel nostro paese, devono poter essere messe a disposizione, soprattutto in campo medico e paramedico.
Andando ad analizzare i bandi, quello relativo ai medici anestesisti è discriminatorio, perché riservato solo a cittadini italiani e cittadini UE. In questo caso viene chiamato in causa il D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 (Regolamento recante norme sull’accesso dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche), che però è stato superato dal Consiglio di Stato in merito alla vicenda dei direttori dei musei (vedi qui).
Il bando relativo agli OSS è “formalmente” corretto, perché contiene il riferimento all’art. 38 T.U. del pubblico impiego (“equiparazioni stabilite dalle leggi vigenti, o cittadinanza di uno dei Paesi dell’Unione Europea o possesso di uno dei requisiti di cui all’art. 38, commi 1 e 3 bis del D.Lgs 165/2001 e s.m.i.“), ma non chiarisce di fatto in modo esplicito il contenuto della norma. In altre parole, un cittadino straniero titolare di protezione internazionale o di un permesso di soggiorno di lungo periodo, con questo tipo di formulazione dei requisiti, non riesce a capire che non è escluso dal bando e che, invece, può partecipare.
Come già sottolineato in altre sentenze relative a casi simili, potrebbe configurare “una discriminazione secondo i principi affermati dalla CGUE, essendo idoneo a dissuadere fortemente determinati candidati dal presentare le proprie candidature e, quindi, a ostacolare il loro accesso al mercato del lavoro” (si veda ad esempio).
Giusto per fare chiarezza, ricordiamo che il Parlamento ha adottato la Legge n. 97/2013, il cui art. 7 ha modificato l’ambito di applicazione dell’art. 38 del D.Lgs. n. 165/2001. Infatti, l’art. 38, comma 1, recita: «I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale». E’ stato poi introdotto il comma 3-bis, che prevede che la disposizione contenuta nel comma 1 si applichi anche “ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Nella serata di ieri, abbiamo individuato un altro bando con le stesse caratteristiche discriminatorie. Come molte altre realtà del settore sanitario, anche l’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione – ARNAS Garibaldi di Catania ha pubblicato una serie di avvisi finalizzati all’eventuale reclutamento di personale sanitario in ragione dell’emergenza legata al virus Covid-19. In particolare, in data 13 marzo 2020, l’ARNAS Garibaldi ha pubblicato 3 avvisi per la formulazione di altrettanti elenchi da cui attingere per l’affidamento di incarichi di lavoro autonomo, riguardanti collaboratori professionali sanitari – Ostetriche, Operatori socio sanitari – OSS e collaboratori professionali sanitari – Infermieri. Anche in questi avvisi, il primo dei requisiti richiesti è il possesso della cittadinanza italiana o di uno dei Paesi dell’Unione Europea.
Eppure, il decreto-legge approvato proprio ieri dal Consiglio dei Ministri, e che introduce “misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (qui il comunicato), lasciava ben sperare. Esso ha previsto “una deroga alle norme di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie, per consentire l’esercizio temporaneo sul territorio nazionale a chi ha conseguito una professione sanitaria all’estero, regolata da specifiche direttive dell’Unione Europea” (vedi qui).
Con Asgi e #Italianisenzacittadinanza stiamo valutando la possibilità di scrivere ai due Ospedali chiedendo, vista l’imminente scadenza dei bandi e tenuto conto dell’emergenza sanitaria in atto, di rettificarli immediatamente, cessare la discriminazione e rendere così possibile l’accesso anche a chi ne è stato, se pur solo formalmente, escluso.
Ma soprattutto scriveremo per evitare che, in un momento così delicato, si veda un proliferare inutile di bandi discriminatori ed escludenti che non fanno bene a nessun*.