“Il cosiddetto processo di Khartoum è un ottimo esempio di dialogo e cooperazione in materia di migrazioni”: lo ha affermato il Commissario UE all’immigrazione Avramopoulos, in Egitto per un incontro con il presidente Al Sisi. Un meeting fissato per discutere come “contrastare l’emergenza e fronteggiare le drammatiche condizioni in cui versano le persone che si imbarcano in viaggi pericolosi, per cercare protezione internazionale o semplicemente provare a avere una vita migliore”. E la strategia prevista dal Commissario UE è tutta volta alla cooperazione con i paesi terzi. Ma cosa significa nei fatti? “Flussi migratori considerati come una materia da trattare in seno alle relazioni internazionali, accordi con dittatori, costruzione con questi governi di collaborazione in tema di regolamentazione dell’emigrazione, creazione di centri d’accoglienza nei paesi di transito”: ecco in sintesi il processo di Khartoum, descritto da Francesca Materozzi in un approfondimento pubblicato su Corriere delle migrazioni, e analizzato in una puntata della trasmissione radiofonica Passpartù (che vi riproponiamo qui).
Di fatto, una totale “esternalizzazione dei controlli di frontiera”, come sottolinea Fulvio Vassallo Paleologo nel blog Diritti e Frontiere. Una misura che potrebbe rivelarsi molto pericolosa per i migranti, che correrebbero il rischio di rimanere confinati in paesi con sistemi politici instabili – quando non governati direttamente da dittature -, in cui il rispetto dei diritti umani appare molto dubbio: sono moltissime infatti le testimonianze in cui i profughi raccontano di torture, privazione della libertà, sfruttamento. Pratiche subite nei paesi terzi con cui l’Ue prevede una cooperazione in materia migratoria, come la Libia, il Marocco, e anche l’Egitto stesso.
Proprio l’ambasciatore libico in rappresentanza del governo di Tobruk, Ezzedine Al Awami, due giorni fa a Palermo per un incontro con il sindaco della città e presidente di AnciSicilia Leoluca Orlando, ha lanciato un appello all’Unione europea affinché “modifichi la normativa in modo che le pene per coloro che sfruttano la disperazione dei migranti siano le stesse previste per i terroristi”. Nessun accenno ai moltissimi migranti chiusi nelle carceri libiche, così come durante l’incontro a Il Cairo non è stato fatto alcun riferimento alle condizioni in cui vengono trattenuti i profughi.
L’incontro tra Avramopoulos e Al Sisi si è focalizzato sulla cooperazione tra l’Unione europea e i paesi terzi, “in particolare l’Egitto”, sulla “prevenzione dell’immigrazione irregolare”, sulla “lotta ai trafficanti” e sul “contrasto del terrorismo jihadista”. “Ma l’UE e i nostri vicini non pensano solo alla prevenzione dell’immigrazione irregolare. Vogliamo discutere della mobilità, della necessità di garantire protezione internazionale, e anche di come creare più possibilità per la migrazione legale e lavorativa”, ha affermato Avramopoulos. Ma nella pratica le uniche azioni previste sono “la lotta ai trafficanti di esseri umani”. “Progetti futuri potrebbero essere previsti su altre tematiche, come la migrazione legale e la protezione”, ha dichiarato Avramopoulos. Lasciando ancora una volta le istanze più urgenti nell’alveo del condizionale.