Il commercio intra europeo, i trasporti, le relazioni tra Paesi e la libera circolazione delle persone sono messe a rischio da una “invasione” che non c’è. Eppure l’Austria, prossimo presidente di turno della Commissione, torna a minacciare la chiusura della frontiera del Brennero nel caso che, a sua volta, la Germania chiuda i suoi confini a Sud. “Non vogliamo diventare un imbuto dal quale si entra e non si esce” spiegano da Vienna. Il braccio di ferro è tra il ministro degli Interni tedesco Seehofer, rappresentante dell’ala intransigente del governo (la CSU bavarese, da sempre costola destra della CDU) e il governo austriaco, nelle persone dei ministri degli Interni Strache e del vicecancelliere Kickl, entrambi membri della FPO, l’estrema destra del Paese. I contatti tra Vienna e Berlino sono intensi e, naturalmente, ai contatti partecipa anche il Viminale.
Il punto del contendere è semplice: la maggioranza di governo tedesca, incalzata sul tema degli ingressi nel Paese da Seehofer, ha trovato un accordo in tre punti nel quale si spiega che i richiedenti asilo potranno essere ospitati in centri chiusi nei pressi del confine e che “in accordo con l’Austria” questi potranno essere bloccati al confine tedesco-austriaco. L’accordo con l’Austria è però al momento un’ipotesi e per questo i contatti tra ministeri e la visita di Seehofer a Vienna sono importanti. Lo stesso governo austriaco riconosce che “l’imbuto” potenziale di cui parla quando si riferisce ai migranti diverrebbe tale anche dal punto di vista del transito di merci. Non solo, la chiusura del passo del Brennero e il passaggio per il San Gottardo (Svizzera) significherebbe una perdita di diritti di passaggio (soldi) per lo Stato austriaco. A Vienna, insomma, anche la FPO vorrebbe evitare di dover chiudere porte e finestre. C’è poi l’incognita Spd, che non ha del tutto digerito il ricatto di Seehofer ed è contraria all’apertura di centri di raccolta dei richiedenti asilo. Infine, ci sono i trattati: Schengen non si può sospendere unilateralmente senza comunicarlo alla Commissione e ricevere un’autorizzazione da Bruxelles.
Il paradosso di questa vicenda è che le figure politiche coinvolte (il governo Kurz, Salvini e Seehofer) sono le stesse che in teoria formano “l’asse dei volenterosi” di cui ha parlato Kurz nei giorni scorsi. I volenterosi, insomma, per soddisfare le opinioni pubbliche davanti alle quali agitano lo spettro dell‘invasione dall’Africa e dal mondo arabo, scelgono di non collaborare tra loro cercando di scaricare sul vicino il problema. O sui Paesi terzi, aprendo centri di smistamento fuori dai confini europei. Questa è la soluzione sulla quale punta molto Kurz in vista del suo semestre di presidenza. In generale, tutti, Spd compresa, stanno facendo politica interna basata su difficili rapporti di forza tra forze politiche diverse e non lavorano per cercare soluzioni efficaci e condivise.
Il secondo paradosso sono, nel 2018, i numeri. I passaggi per l’Austria sono in diminuzione rispetto allo scorso anno (circa 2600 le persone fermate che hanno tentato di attraversare la frontiera nei primi mesi del 2018) e, in generale, sono in diminuzione gli arrivi via mare e via terra. L’emergenza che occupa tutto il tempo dei governanti europei è insomma inesistente, il che rende più difficile per Vienna giustificare con la Commissione europea, l’eventuale richiesta di sospensione di Schengen. L’ultimo paradosso è quindi che siamo di fronte a una percezione alimentata dagli stessi politici che dovrebbero cercare soluzioni che non possono trovarne, perché hanno fatto le loro fortune agitando lo spauracchio degli stranieri.