“Campi a 5 Stelle”: questo potrebbe essere lo slogan che caratterizza l’operato dei primi 100 giorni della nuova amministrazione capitolina in merito alla popolazione Rom presente in città. La denuncia è dell’Associazione 21 luglio secondo la quale la nuova giunta non sembrerebbe voler mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale.
In una conferenza stampa tenuta il 5 ottobre, l’associazione vede disatteso l’obiettivo del superamento dei campi rom. Al contrario, la nuova amministrazione potrebbe contribuire, con ben 12 milioni di euro, al mantenimento di queste strutture, in piena contraddizione con la “Strategia Nazionale di inclusione dei Rom” e con quanto dichiarato dalla Commissione diritti umani del Senato (ne abbiamo parlato qui).
Nello specifico la giunta ha già previsto lo stanziamento di 7,6 milioni di euro – fondi comunali destinati al mantenimento del “sistema campi” – mentre ad oggi 4,4 milioni di fondi europei previsti per il superamento di questi insediamenti sono ancora del tutto inutilizzati, come denuncia l’associazione.
Nei fatti il Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale ha indetto, a luglio 2016, una “Gara per il reperimento di un’area attrezzata” per soli rom. La somma indicata come base di gara per l’appalto è di 1.549.484 euro, la durata va dall’ottobre 2016 al dicembre 2017 – periodo a seguito del quale il vincitore del bando dovrà garantire la “prosecuzione del servizio”.
Allo stesso tempo il Comune di Roma ha indetto una Gara per la gestione di 6 “villaggi” per soli rom, prevedendo uno stanziamento di oltre 6 milioni di euro. “Non solo l’accesso agli insediamenti sarebbe controllato dalle forze dell’ordine, ma si paventa addirittura l’introduzione di un “pass orario per i visitatori”, evidenzia il presidente della 21Luglio Carlo Stasolla, sottolineando come questo rappresenterebbe un inasprimento delle norme sicuritarie già in vigore, peraltro dichiarate incostituzionali dal TAR del Lazio in quanto lesive della libertà personale. Una gestione che peggiorerebbe ulteriormente le condizioni di vita già pessime di queste “baraccopoli istituzionali”, che a quanto pare il Comune non ha alcuna intenzione di eliminare.
Infine, ad agosto l’assessore Laura Baldassarre del Dipartimento Politiche Sociali della Capitale ha avviato i lavori di un “Tavolo per l’inclusione dei rom” la cui composizione, secondo Stasolla, sarebbe discutibile in quanto la partecipazione della popolazione rom sarebbe ridotta alla presenza di “sedicenti rappresentanti rom: autoproclamatisi tali o nominati nella passata amministrazione a guida Alemanno”.
Le politiche attuate finora dalla nuova giunta non solo contraddicono i proclami della passata campagna elettorale, ma non tengono conto dei problemi giuridici legati alla natura stessa dei campi rom: luoghi effettivi di discriminazione e di segregazione sociale. Proprio per queste ragioni nel maggio 2015 il Tribunale Civile di Roma aveva ordinato la chiusura della struttura de La Barbuta (ne abbiamo parlato qui). La sentenza non è stata ancora attuata dall’Amministrazione Comunale.
Se il processo di smantellamento dei campi rom non è ancora in corso non è certo responsabilità esclusiva della nuova amministrazione capitolina. Che avrebbe però un’ottima occasione per avviarlo. Se solo lo volesse.