Diffondiamo il comunicato dell’Asgi sul caso dell’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov. L’associazione ha seguito in maniera approfondita la vicenda, e denuncia qui criticità, problemi e responsabilità.
Caso Ablyazov – Accertare le responsabilità politiche e amministrative e riformare il sistema delle espulsioni
L’ASGI: necessaria un’approfondita inchiesta e un’immediata riforma della disciplina delle espulsioni perché simili gravi violazioni dei diritti fondamentali delle persone non accadano mai più.
Le responsabilità istituzionale dei vertici del Ministero dell’Interno nella gestione del caso Ablyazov emergono con sempre maggiore chiarezza anche a seguito delle palesi contraddizioni nelle versioni fornite dagli alti funzionari coinvolti nella vicenda.
L’ASGI ritiene pertanto necessario che la gestione dell’intera vicenda sia oggetto di una approfondita inchiesta che permetta di accertare sul piano politico e giudiziario le molteplici responsabilità tanto dei livelli amministrativi che dei livelli politici coinvolti.
Infatti non convincono le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Alfano sulla sua presunta non conoscenza del fatto notorio (peraltro oggi platealmente qualificate come menzogne dal suo Capo di Gabinetto dimissionario) che la signora Ablyazov fosse moglie di un notissimo dissidente del Kazakistan, Stato totalitario nel quale il dissenso politico e sociale è duramente represso. Di una tale sorprendente mancanza di conoscenza il Ministro è tenuto a rispondere sul piano giuridico e politico, come prevede l’art. 95 della Costituzione.
Sorprendenti, oltre che in contrasto con quanto affermato pubblicamente dai legali della signora Ablyazov appaiono inoltre le dichiarazioni dei dirigenti della Questura di Roma secondo le quali la moglie del dissidente Ablyazov non avrebbe mai manifestato alcun timore in caso di rimpatrio né avrebbe avuto intenzione di chiedere asilo in Italia. Diversamente sembra emergere una ricostruzione dei fatti in base alla quale all’interessata è stato de facto impedito l’accesso alla procedura di asilo.
Peraltro occorre ricordare che anche senza la presentazione di una domanda di asilo le autorità italiane hanno sempre l’obbligo di non adottare, né eseguire espulsioni verso Paesi in cui potrebbero essere oggetto di persecuzione (previsto dall’art. 19, comma 1 del testo unico delle leggi sull’immigrazione e dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiati) o di torture o trattamenti inumani o degradanti (art. 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo).
Neppure è stata verificata la parentela effettiva col marito che avendo lo status di rifugiato riconosciuto dal Regno Unito doveva godere di analoghe garanzie, come prevedono anche le direttive dell’UE sulla protezione internazionale, o al più essere inviata verso il Regno Unito. In ogni caso l’insistenza delle autorità kazake avrebbe dovuto insospettire, come lo stesso Alfano ammette.
Del tutto non condivisibili appaiono inoltre le dichiarazioni del dirigente dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma riportate dalla stampa, laddove sostiene che le modalità con le quali è avvenuto il rimpatrio immediato della moglie del dissidente kazako tramite un areo privato prontamente messo a disposizione dalle autorità kazake siano da considerare “normali” e pacificamente conformi alla vigente normativa.
L’ASGI ricorda come in base al diritto europeo ed interno le operazioni di rimpatrio, ivi comprese l’organizzazione del viaggio e la gestione dello stesso fino all’arrivo nel paese di destinazione sono di esclusiva responsabilità dello Stato europeo che attua il provvedimento di allontanamento.
L’intera operazione, che si è svolta, ad horas, diversamente da quanto avviene per la stragrande maggioranza dei rimpatri per i quali i tempi esecutivi si dilatano su settimane o addirittura mesi, presenta pertanto profili assolutamente inquietanti e mette in luce ed evidenza con lacerante chiarezza quanto sia fragile nel nostro Paese il sistema che regola l’accesso alla protezione internazionale e quanto i diritti degli stranieri che abbisognano di detta protezione siano del tutto non tutelati.
Dopo l’accaduto non basta certo riformare l’organizzazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, né annullare ex post il provvedimento espulsivo, come sembra limitarsi il Ministro dell’Interno Alfano.
Infatti occorre un’immediata riforma delle norme che disciplinano le espulsioni degli stranieri perché simili gravi violazioni liberticide dei diritti fondamentali delle persone non accadano mai più.
L’accaduto conferma, assieme ad altri casi clamorosi (come quello di Ocalan, leader curdo allontanato nel 1999 durante il Governo D’Alema e alla fine espulso verso la Turchia che lo ha incarcerato da allora) e a migliaia di casi analoghi che non hanno avuto uguale clamore, l’ ineffettività del divieto di espulsione di stranieri verso Paesi in cui potrebbero essere oggetto di persecuzione (previsto dall’art. 19, comma 1 del testo unico delle leggi sull’immigrazione e dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiati) e del controllo giurisdizionale relativo alla convalida dei provvedimenti di allontanamento, che la norma attuale improvvidamente attribuisce ai giudici di pace.
L’ASGI da anni ricorda che, come ha ricordato la Corte costituzionale fin dalla sentenza n. 105/2001 l’espulsione eseguita con accompagnamento alla frontiera è provvedimento coercitivo e limitativo della libertà personale, sicché deve essere conforme alla riserva di giurisdizione in materia di libertà personale prevista dall’art. 13 della Costituzione e perciò l’adozione di ogni provvedimento limitativo in materia deve in via ordinaria spettare al solo giudice togato. All’autorità di pubblica sicurezza deve essere attribuito il solo potere di presentare al giudice la richiesta di respingimento o di espulsione, affinché l’Autorità giudiziaria – in contraddittorio con l’amministrazione e lo straniero (assistito da difensore e con l’assistenza linguistica, come prevedono gli articoli 24 e 111 della Costituzione) – decida su di essa nei tempi previsti dalla legge e non già come una mera e frettolosa convalida ex post, come oggi è previsto, che l’art. 13 della Costituzione consente soltanto in casi tassativamente eccezionali e non in via ordinaria.
Una profonda riforma delle attuali norme sulle espulsioni degli stranieri costituisce un obiettivo urgente ed indifferibile affinché casi come quello della signora Shalabayeva non si ripetano e a tal fine l’ASGI ribadisce al Governo e al Parlamento l’urgenza e la priorità di tale riforma nell’agenda parlamentare, senza attendere che ciò accada sulla base di un inevitabile richiamo della Commissione europea o della Corte europea per i diritti dell’uomo.
A.S.G.I. – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione