L’ultimo Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles sulla “questione migratoria” ha confermato una strategia politica di totale chiusura alle persone, in un quadro di esternalizzazione dei confini, blocco dei flussi di persone, respingimenti e “difesa” delle frontiere. E’ all’interno di questo panorama che è stata ribadita la creazione degli hotspots, strutture in cui identificare e registrare le persone, per dividerle da chi può fare richiesta di protezione e chi no, secondo i parametri definiti dall’Unione europea – e tuttora non esplicitati. Strutture la cui “natura giuridica va chiarita”, come afferma Asgi in una nota diretta al Ministero dell’Interno. Proprio negli hotspots di recente attivazione (a Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani e Lampedusa) Asgi denuncia “molti casi di provvedimenti di respingimento adottati dai Questori nei confronti di stranieri soccorsi in mare e sbarcati sul territorio italiano, attuati prima che potessero effettivamente manifestare la loro volontà di presentare domanda di asilo”. Veri e propri “atti illegittimi” compiuti in “luoghi chiusi nei quali operano le forze di polizia italiane, supportate dai rappresentanti delle agenzie europee (Frontex, Europol, Eurojust ed EASO, l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo)”, che il Ministero ha il compito di “far cessare”, sottolinea Asgi, evidenziando anche che “la normativa italiana non consente in alcun modo di utilizzare la forza per vincere la resistenza passiva dei cittadini stranieri che si rifiutano di farsi identificare”. Inoltre, l’associazione ribadisce “la necessità che venga data immediata e completa informazione circa il diritto di chiedere la protezione internazionale ai cittadini stranieri, senza che tra essi avvenga alcuna forma di artificiosa selezione tra richiedenti asilo e migranti economici basata su criteri vietati dalla legge, consentendo che in tali strutture sia sempre consentita la presenza dell’UNHCR e delle associazioni umanitari”.