“Gli arresti di ieri a Roma gettano un’ombra sinistra sulla capitale e sugli interessi convergenti tra politica, malaffare e pubblica amministrazione, e confermano le nostre preoccupazioni sulle periodiche ‘emergenze procurate’ in tema d’accoglienza”.
Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale dell’Arci, interviene dopo gli arresti fatti a Roma, denunciando il business dei centri di accoglienza.
Colletti bianchi e camicie nere
Il nuovo sacco di Roma
Dichiarazione di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci
Gli arresti di ieri a Roma, che gettano un’ombra sinistra sulla capitale e sugli interessi convergenti tra politica, malaffare e pubblica amministrazione, confermano fra l’altro le nostre preoccupazioni sulle periodiche ‘emergenze procurate’ in tema d’accoglienza. L’emergenza impedisce infatti una programmazione ed una gestione controllata attraverso i normali canali amministrativi, facendo spesso saltare regole e controlli.
La cosiddetta emergenza nord Africa ha per esempio consentito, con il ricorso ad affidamenti diretti al di fuori del sistema ordinario dei bandi pubblici, l’ingresso nel settore dell’accoglienza rifugiati di tanti soggetti che mai se ne erano occupati e che non avevano nessuna competenza specifica.
Da anni sosteniamo la necessità di una programmazione nazionale, di un sistema unitario che faccia capo solo allo SPRAR e di un albo nazionale delle organizzazioni che possono offrire servizi nel campo dell’accoglienza, di provata esperienza e competenza.
L’emergenza, oltre ad alimentare un vero e proprio business dell’accoglienza, comporta uno spreco di denaro pubblico insopportabile. Infatti i profughi, una volta usciti da grandi centri dove non sono stati in alcun modo seguiti, devono ricominciare da capo il loro percorso di integrazione.
Si buttano via quindi risorse per strutture inadeguate e con personale incompetente, infischiandosene del danno anche psicologico che ne deriva per gli ospiti, che spesso dopo hanno bisogno di maggiori cure e attenzioni e di un periodo di accoglienza più lungo.
Insomma l’agire in ‘emergenza’, con il ricorso a grandi strutture, senza controlli, con soggetti inadeguati, oltre a facilitare infiltrazioni di ogni tipo, avvelena le relazioni e appesantisce il già difficile carico di ingiustizie che i rifugiati si portano dietro.
Ancora oggi, a causa dei bandi al massimo ribasso con i quali sono stati assegnati i posti in accoglienza dalle prefetture in giro per l’Italia, i rischi di affidamento a soggetti inadeguati e potenzialmente fuori controllo, sono tanti e concreti.
Questo metodo, di cui sono in primo luogo responsabili il governo e il Ministro dell’Interno, produce spesso un impatto negativo col territorio e le comunità locali, che possono sfociare in violenze strumentalizzate dalla destra xenofoba che alimenta il razzismo.
Quanto tempo bisognerà aspettare ancora perché si decida di cambiare registro?
Roma, 3 dicembre 2014