“Il controllo dell’immigrazione può costituire un interesse legittimo di ogni stato, ma non deve essere portato avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano nel suo territorio, lavoratori migranti inclusi”: è quanto dichiarato da Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato Internazionale di Amnesty International e autrice del rapporto “Volevamo braccia e sono arrivati uomini. Sfruttamento lavorativo dei braccianti agricoli migranti in Italia”, pubblicato ieri 18 dicembre.
Il rapporto analizza la situazione di sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo italiano: un fenomeno tristemente diffuso in tutta Italia, le cui responsabilità sono in gran parte da ricondurre alle politiche attuali, stando a quanto dichiarato da Amnesty.
I dati rilevati da Amnesty sono evidenti: nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia i lavoratori migranti ricevono paghe inferiori di circa il 40 per cento, a parità di lavoro, rispetto al salario italiano minimo, e lavorano un numero maggiore di ore.
Una situazione confermata dalle testimonianze raccolte da Amnesty e presenti all’interno del rapporto: “Lavoro 9-10 ore al giorno dal lunedì al sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per tre euro l’ora. Il datore di lavoro mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese; io contavo di mandare 500 euro al mese a mio padre in India. Negli ultimi sette mesi, però, il datore di lavoro non mi ha pagato il salario intero. Mi dà solo 100 euro al mese per le spese. Non posso andare alla polizia perché non ho documenti: mi prenderebbero le impronte e dovrei lasciare l’Italia”, spiega S., un lavoratore di origini indiane.
La dichiarazione di S. conferma l’esigenza per l’Italia di “rivedere le politiche che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori migranti e che violano il loro diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e all’accesso alla giustizia”, afferma Amnesty in un comunicato.
Secondo l’associazione, l’introduzione del reato di ‘ingresso e soggiorno illegale’ ha contribuito alla stigmatizzazione dei “lavoratori migranti irregolari, alimentando la xenofobia e la discriminazione nei loro confronti”. Una situazione normativa che “pone i lavoratori migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro”.
Amnesty critica anche il sistema delle quote e ritiene urgente la modifica della normativa in materia di immigrazione nella direzione di una maggiore garanzia dei diritti dei lavoratori.
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