Apprendiamo dall’associazione “Tenda per la Pace e i Diritti” che lo scorso 4 febbraio si è svolta l’udienza di convalida del fermo di M., un giovane rinchiuso da quattordici mesi nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo. All’uomo è stata convalidata la detenzione all’interno della struttura per altri 20 giorni. L’udienza si è svolta senza che fosse presente l’avvocato di M.
La convalida del fermo arriva nonostante i gravi problemi di salute di cui soffre M., denunciati dall’associazione Medu: il giovane è affetto da una grave sindrome depressiva, legata proprio al suo trattenimento nel Cie. Da diverso tempo rifiuta gli alimenti e compie atti di autolesionismo.
A dicembre scorso, dopo essere stato ricoverato presso l’ospedale di Gorizia per aver ingerito farmaci e monete, è stato visitato da uno psichiatra, che gli ha diagnosticato una “reazione da stress ambientale, calo ponderale importante in sindrome depressiva reattiva”. Lo psichiatra ha ritenuto “assolutamente urgente” velocizzare il più possibile l’uscita dal Cie. Nonostante ciò, il trattenimento è proseguito. Alla fine di dicembre una nuova visita psichiatrica ha riscontrato un peggioramento del quadro (“grave sindrome depressiva con importante dimagrimento”), specificando che “la situazione psico-patologica è sicuramente reattiva al trattenimento nel Cie”.
Nel mese di gennaio, M. ha iniziato a rifiutare cibo, acqua e farmaci, e ha chiesto di poter essere visitato da un medico di Medu di sua fiducia. Durante il colloquio, il medico ha riscontrato lo stato di notevole sofferenza del paziente. Alla luce della situazione, Medici per i Diritti umani ha dichiarato “le condizioni psico-fisiche di M. incompatibili con il trattenimento all’interno del CIE” chiedendo “che il paziente sia urgentemente rilasciato dalla struttura in modo da poter accedere alle adeguate cure specialistiche”.
Tutto ciò non è servito a niente: nonostante le richieste avanzate da più parti, compresi i medici dell’ospedale di Gorizia, M. deve restare nella struttura che lo ha fatto ammalare.