Molti degli utenti dei mezzi pubblici, ogni giorno, scrivono ai vari account social (Facebook, Instagram e Twitter) delle aziende di trasporto pubbliche per i motivi più disparati. Nella maggior parte dei casi si tratta di richieste di informazioni, anche in tempo reale, o di lamentele e reclami.
E’ accaduto che, due giorni fa, nel bel mezzo di una discussione su alcune nuove pensiline collocate a uso dei pendolari, un cittadino abbia postato un commento sul profilo Twitter della Cotral, il servizio del trasporto pubblico extraurbano della Regione Lazio. Nel post la Cotral informa gli utenti che le pensiline “non sono una responsabilità dell’azienda, ma delle amministrazioni locali. Noi però sappiamo quanto la vita di un pendolare può essere dura e aspettare il bus al coperto può far la differenza. Ecco perché forniamo a tutti i Comuni che ne fanno richiesta il progetto esecutivo ed un contributo economico per realizzare queste pensiline. Sono belle, vero?”.
Nel tweet di risposta, il cittadino “informa” l’azienda circa lo stato di queste nuove pensiline e panchine predisposte per attendere gli autobus. E precisa: “Sperando che gli zingari e gli africani non ci fanno bisogni corporali come spesso accade. Tra bottiglie e siringhe. Metteteci anche telecamere nascoste controllate da voi in ufficio, almeno se vengono vandalizzate avete le immagini per le denunce. Sono graditi gli schermi tv”.
La replica della Cotral, da parte di uno degli amministratori addetti al profilo, non si fa attendere. Pochi minuti dopo, viene visualizzata una risposta ironica al punto giusto, tanto da neutralizzare in un batter d’occhio l’odio propagato dall’utente razzista: “Ciao ****, come stai? È bello leggere un commento così, grondante di amore per l’umanità. Pensandoci bene potremmo anche scrivere “Il trasporto pubblico rende liberi” su ogni pensilina e adornarle con del grazioso filo spinato dai toni pastello”.
La risposta conquista immediatamente il web, diventando virale, collezionando centinaia di like e condivisioni in poche ore, ma anche molti commenti di plauso e sostegno («Te vojo bene», «vi perdono anche i disservizi» e «49 milioni di minuti di applausi»). Cotral, di fatto, ha voluto rispondere ad uno dei tanti post “tossici” che inquinano la rete quotidianamente, citando un fatto storico e ricordando come, spesso, il razzismo ci allontani dall’essere e restare “umani”. Anche dietro uno schermo. Cotral, come azienda impegnata sui social ogni giorno per rispondere ai suoi utenti, ha dimostrato di aver ben colto l’evoluzione negativa dell’odio virale, fornendo una risposta efficace.
Ma l’accout twitter di Cotral non è il solo a “distinguersi” in quanto a risposte ironiche e al tempo stesso taglienti e pertinenti, al punto da zittire chi invece, usa i social per offendere e discriminare. Lodo Guenzi, tra i fondatori del gruppo Lo Stato Sociale e giudice dell’ultima edizione di ‘X Factor’, ieri è stato sommerso di insulti, anche xenofobi, dopo aver rivelato, su Instagram, la storia che c’è dietro il brano ‘Niente di speciale’. Si tratta di una storia d’amore, quella che ha ispirato la canzone: dedicata a una ragazza di metà etiope e metà italiana. Alcuni fan de Lo Stato Sociale non hanno “gradito” questa notizia e hanno commentato il post del cantante con frasi come “ora la canzone è meno speciale”. Lodo Guenzi, dopo aver risposto direttamente ai commenti “odiosi” sotto il post, è tornato sull’argomento in un altro messaggio sempre su Instagram: “Ho scritto la storia di Niente di speciale, una delle canzoni più amate della band. È legata a una ragazza di origine etiope, non l’avevo mai raccontato questo dettaglio perché non faceva alcuna differenza. Mi sono ritrovato con della m***a razzista sotto al post”. E aggiunge: “Internet è quello che è e non mi importa di un paio di falsi profili che sparano str… come è normale sui social, però voglio cogliere l’occasione per chiedere a qualunque razzista di non avere a che fare con me”.
Anche il giudice di X Factor, con questo post, da un segnale forte e manda di fatto un esplicito messaggio a tutti i suoi follower e non: “E non dico chi vota quello che non voterei, con lui voglio dialogare. Dico razzista. Se lo siete non ascoltateci in streaming, non comprate i nostri dischi, non venite ai nostri concerti, non votateci a Sanremo, non votate una mia band ad X Factor, non mettetemi cuori, like, segui, non scrivetemi, non citatemi, non vogliatemi bene, fate altro, andate altrove, ciao e buona vita. L’effetto che fa a voi quello che altri hanno sulla pelle, è lo stesso che fa a me quello che voi avete in testa”.
Di risposte come queste ce ne vorrebbero migliaia al giorno. E se fosse l’inizio di una nuova forma di “resistenza” alla diffusione dei commenti d’odio online?