Offese e intimidazioni. Poi spintoni e calci. E’ un crescendo di violenza quello che sabato scorso, 30 agosto, colpisce B.B., un 24enne del Gambia residente a Corato, in provincia di Bari. Recatosi intorno all’una di notte a un distributore automatico di via Roma, nel centro storico del paese, il giovane viene prima aggredito verbalmente da un gruppo di persone, poi buttato a terra e preso a calci. Riuscito a rialzarsi, il ragazzo fugge verso la locale stazione dei carabinieri, al cui citofono, dopo le 22.00, risponde il Comando di Trani. Che, stando alle dichiarazioni del giovane, gli dice di aspettare, lasciandolo però privo di una risposta. Per questo, sempre secondo le parole di B.B., il ragazzo decide di rincasare. Sulla strada del ritorno viene nuovamente inseguito dai suoi aggressori, che lo raggiungono con calci e pugni. Il ragazzo fugge di nuovo verso la caserma: a questo punto i militari raccolgono le prime dichiarazioni e gli mostrano alcune foto segnaletiche.
Intanto, un gruppo di persone armate di sassi e bastoni corre verso l’appartamento dove il giovane vive con altri ragazzi africani, una struttura del Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) promosso dal Ministero dell’Interno. E inizia il lancio di pietre e tubi di metallo, con cui vengono sfondate due finestre. Sollecitati dalle telefonate di vicini e testimoni, due unità di carabinieri arrivano sul posto e mettono fine all’aggressione, tra l’altro sottraendo alla violenza la vittima dell’aggressione, che nel frattempo aveva tentato nuovamente di tornare a casa.
Sono diversi i punti da chiarire all’interno di questa incredibile vicenda. Secondo un testimone, intorno all’una e trenta di notte i carabinieri avrebbero fatto un primo sopralluogo in piazza Abbazia, dove si trova la struttura Sprar in cui vivono i richiedenti asilo, senza però scendere dall’auto di servizio. “Avevo chiesto loro di fermarsi perché la situazione è fuori controllo, ma sono andati via”, dichiara l’uomo al quotidiano locale Coratolive.it. Sarà inoltre importante capire il comportamento assunto dei carabinieri davanti alla richiesta di aiuto di B.B.
Una volta arrivato in ospedale, inoltre, il giovane viene visitato dai medici, che nel referto parlano di “escoriazioni multiple e trauma cranico”, stabilendo una prognosi di 15 giorni. Nonostante le condizioni, il giovane viene fatto tornare a casa da solo, a piedi, per poi presentarsi di nuovo nella struttura ospedaliera dopo due giorni, lamentando forti dolori al torace e capogiri: la prognosi viene allungata di 5 giorni, e vengono prescritti ulteriori accertamenti.
Ad oggi, sono sei le persone fermate dai carabinieri: una donna e cinque uomini sotto i 22 anni – tra cui un ragazzo di 17 anni -, tutti coratini. Risultano indagati per concorso in danneggiamento e lesioni aggravate.
Ma questo atto di violenza nasconde altro dietro di sé, come dichiarato dalle stesse vittime, arrivate circa un anno fa nel paese pugliese: i rifugiati denunciano un clima di intolleranza e tensione constanti con le persone che abitano e frequentano il centro storico, che li accuserebbero di togliere soldi e lavoro agli “autoctoni”. Fa loro eco la Caritas cittadina, che parla di “un gravissimo atto di razzismo indicatore di un clima di intolleranza, pregiudizio e disinformazione diffuso in città”. Un episodio che “impone che tutti, istituzioni, forze politiche, sindacali, chiese, associazioni, studenti, insegnanti e cittadini, facciano una seria riflessione su quale livello molto alto di degrado sociale e culturale si sia ormai raggiunto”, come scrive il responsabile Caritas Corrado De Benedittis. La Caritas punta il dito anche contro la gestione dello Sprar, “molto discutibile sin dall’inizio perché ha creato, soprattutto tra le fasce più deboli della popolazione, un impatto molto forte che si è tradotto in un crescendo di risentimento e intolleranza”. Secondo la Caritas, infatti, la scelta di usare come struttura Sprar uno stabile situato in largo Abbazia è “insensata. Largo Abbazia è da decenni una zona critica in cui si concentrano molteplici forme di disagio e criticità sociali”.
Sono molte le problematiche sollevate dalla Caritas: “Nessuna amministrazione, finora, ha mai pensato a un programma di informazione, idoneo a tutte le fasce sociali, sul valore e sull’importanza dell’immigrazione”. Quella di De Benedittis è’ anche un’autocritica: “Le nostre manifestazioni parlano un linguaggio troppo borghese che non raggiunge la sensibilità di tanti concittadini”. Ma è in primo luogo la risposta sociale quella che manca: “Innanzitutto, affrontare il problema della casa che assilla tanti concittadini, indistintamente, immigrati e no; il problema dello sfruttamento nel lavoro comune a molti immigrati e no. Insomma, serve una risposta nel segno della restituzione di dignità a tanti concittadini e concittadine, immigrati e no”.
Le mancanze presenti a Corato si rispecchiano in tutto il territorio nazionale: come sottolineato più volte da diverse associazioni che si occupano di diritti umani, non è creando soluzioni temporanee e ad hoc per gruppi sociali diversi che si va nella direzione giusta. La progressiva destrutturazione del welfare, associata a una situazione di crisi economica e occupazionale che colpisce moltissimi italiani, è terreno fertile per una guerra tra poveri, fomentata spesso da alcuni media mainstream e protagonisti politici che ripropongono spesso la contrapposizione italiani/stranieri, noi/loro, dimenticando che i diritti sono tali proprio perchè sono per tutti e tutte, altrimenti sono privilegi.
A livello locale, una prima importante risposta c’è stata: un gruppo di persone ha dato vita al Car, il gruppo Corato Against Racism, nato su Facebook per poi darsi un appuntamento reale in piazza Di Vagno, con l’intento di creare momenti di sensibilizzazione e confronto. Il primo è previsto per sabato 6 settembre: “Una manifestazione condivisa per la bonifica dell’intera area di largo Abbazia dai sassi che diventano armi improprie. Ogni pietra sarà un pezzo di intolleranza/ignoranza che butteremo via dalla nostra città”, si legge sulla pagina facebook del comitato, che va oltre e afferma: “L’episodio di sabato notte è solo la punta dell’iceberg di un clima di recrudescenza di razzismo e disagio sociale, che spinge a trovare nell’immigrato il capro espiatorio di una condizione di sfruttamento e impoverimento che ha ben altri responsabili. Le politiche migratorie perseguite da centrodestra e centrosinistra coerenti nel realizzare il medesimo disegno di segregazione, criminalizzazione, sfruttamento del lavoro migrante sono l’humus politico istituzionale in cui fermenta l’odio e la violenza, tristi protagoniste di questi giorni. Car condanna pertanto senza ambiguità l’accoglienza securitaria degli ultimi vent’anni. Nello specifico Car intende capire come funziona il progetto Sprar a Corato, chiedendo un confronto immediato con le istituzioni e gli enti attuatori riguardo gli interventi posti in essere. Accoglienza non vuol dire segregazione urbana, interventi educativi approssimativi, assenza di percorsi di inserimento socio-lavorativi”.
Alla richiesta del Comitato è seguito un immediato incontro, che ha avuto luogo proprio oggi, con l’amministrazione comunale e i referenti dell’Arci territoriale, responsabili del progetto Sprar attivo nella cittadina pugliese. Un primo momento di condivisione utile a creare un percorso comune di informazione e conoscenza: “A partire dalla manifestazione di sabato, Car si propone di apprendere e insieme divulgare alla cittadinanza, nel dettaglio, obiettivi e metodi del progetto Sprar. A tal proposito siamo felici che l’ente attuatore abbia accolto il nostro invito e sarà presente alla manifestazione con materiale informativo. Car intende capire quali sono i vincoli a cui l’ente territoriale deve sottostare e in che modo all’interno di questi vincoli le realtà cittadine possono collaborare al fine di garantire una completa integrazione dei rifugiati nel tessuto coratino”.