Se vuoi una casa in affitto, non è detto che ti basti essere cittadina italiana. Non se sei la ragazza figlia di una coppia mista ugandese-italiana che avrebbe voluto affittare una casa a Pisa. L’episodio è riportato da Il Tirreno. Una giovane neo abilitata in Medicina, rispondendo all’annuncio che vedete qui sotto (assieme alle risposte) scrive per capire cosa significhi la richiesta di nazionalità italiana per affittare una stanza specificando di avere la pelle nera (pur essendo un medico italiano).
Senza fare commenti su una micro-vicenda che si commenta da sola, vale la pena di segnalare due cose. La ragazza è potenzialmente referenziata ed è italiana ma non è questo quel che importa a chi ha rivolto l’annuncio a una “persona italiana“. Pensare di non voler affittare a stranieri (americani, tedeschi o ugandesi che siano) per evitare problemi di lingua o comunicazione può essere giudicato sbagliato, ma comprensibile – anche se nella maggior parte delle occasioni non affittare a stranieri significa non volere immigrati per ragioni che non hanno a che vedere con la comunicazione.
Ma qui la discriminazione non è dovuta al fatto che non si vuole affittare a una famiglia numerosa di persone straniere o la preoccupazione per le potenziali proteste dei vicini. Cose insensate che nascondono un pregiudizio basato sulla nazionalità, ma che possono trovare giustificazione nel voler “evitare problemi” da parte di chi affitta. Qui siamo oltre: non ti affitto la casa anche se sei referenziata, se parli con il mio stesso accento e se sei italiana come richiesto dall’annuncio. Qui siamo al razzismo puro e semplice.
L’altro aspetto di questa storia riguarda il fatto che ne siamo venuti a conoscenza. Se la ragazza non avesse contattato i padroni di casa, se non avesse diffuso le risposte, questo sarebbe rimasto un episodio privato. Ma ha scelto di denunciare pubblicamente l’accaduto anziché tenerselo per sé. Spesso ripetiamo che il razzismo quotidiano è quello piccolo, fatto di parole, episodi minori, intendiamo proprio parlare di casi come questi. Le violenze razziste sono la punta di un iceberg, il razzismo quotidiano è invece diffuso nelle pieghe della società, viene da lontano e non è iniziato con la campagna elettorale del 2018.