Qualche giorno fa, un gruppo di cinque ventenni, rifugiati politici (alcuni quotidiani locali dicono di nazionalità senegalese, altri somala), ospiti da un anno dell’agriturismo il Casone di Graffignano, nella Tuscia, entra nella piscina comunale. I ragazzi pagano regolarmente il biglietto d’ingresso e la quota associativa. Ma, subito dopo, vengono rimborsati e sbattuti fuori dalla struttura senza un apparente motivo.
“Ci hanno raccontato che alcuni bagnanti dicevano che, essendo di colore, avrebbero sporcato l’acqua – dichiara Ilena Caravello, gestore del Casone -. Non avevo mai sentito nulla di simile finora… Ho mandato sul posto uno dei miei mediatori culturali. Poi sono andata anch’io a parlare di persona con il gestore della piscina. Al mio tentativo di stringergli la mano, mi ha risposto: ‘Che vuole?’. Gli ho ricordato cos’era successo e chiesto spiegazioni. Diceva che, trattandosi di un’associazione sportiva, i ragazzi dovevano iscriversi”.
A queste dichiarazioni, replica piccato il Presidente dell’associazione che gestisce la piscina comunale: “Ci siamo visti diffamati, sbattuti in prima pagina con una notizia assolutamente artefatta (…) Nel pomeriggio il suddetto gruppo, faceva il proprio ingresso in piscina, pagando regolarmente il ticket di accesso, tuttavia una volta accompagnati nell’area solarium, ci siamo accorti che non possedevano l’equipaggiamento adatto alla permanenza; niente ciabatte, telo da sole, ma soprattutto niente costumi. Abbiamo in verità tentato di richiamare i signori all’osservanza del regolamento, che non conosce certo disparità etniche, ma che proprio in quanto tale, garantisce il rispetto per gli altri clienti e per la struttura ospitante. Le differenze linguistiche hanno sfortunatamente reso impossibile un’eventuale contrattazione, soprattutto nel momento in cui i ragazzi, se si fossero tolti gli abiti, sarebbero rimasti in abbigliamento intimo”. Quali sarebbero queste presunte “disparità etniche” o “differenze linguistiche”, tali da recare pregiudizio?
Per fortuna, i ragazzi sono riusciti comunque a farsi un bel bagno rinfrescante, a dispetto della calura estiva di questi giorni, nella piscina comunale di Alviano, che li ha accolti senza problemi di sorta. Intanto, la polizia ha deciso di approfondire quanto successo a Graffignano. E, in merito a quanto accaduto, Arci Solidarietà Viterbo è la sola associazione locale a comunicare la propria solidarietà alle vittime di questo anacronistico trattamento razzista, chiedendo che il Comune faccia chiarezza su quanto accaduto e prenda provvedimenti sanzionatori nei confronti dei gestori della piscina comunale. Ma, ad oggi, nessun commento istituzionale.
Concordiamo con loro, sul fatto che un episodio del genere non può passare nel silenzio generale, specialmente in un momento in cui la propaganda di stampo razzista non solo è ampiamente tollerata, ma è purtroppo anche all’ordine del giorno. Talmente spesso, che troppo facilmente diventa routine quotidiana e non suscita alcuna attenzione.