Negli ultimi giorni sono sbarcati sulle coste meridionali dell’Italia moltissime persone, più di duemila in soli due giorni (come scrivevamo qui). In risposta a questa situazione e al sovraffollamento dei centri di prima accoglienza delle zone interessate dagli sbarchi, il governo ha risposto con una circolare diramata dal Ministero dell’interno il 19 marzo scorso, disponendo il trasferimento su tutto il territorio nazionale delle persone, prevalentemente in strutture alberghiere.
Nello specifico, nella circolare si parla di “eccezionalità degli arrivi”, a fronte della quale “si rende necessario un ulteriore piano straordinario di distribuzione nazionale”.
Eccezionalità? Piano straordinario? Già nei termini utilizzati si intravede come la politica non intenda, almeno per ora, cambiare minimamente rotta rispetto a quanto (non) fatto fin’ora.
“La decisione assunta dal Ministero dell’Interno [..] ben lungi dall’essere una misura straordinaria[..], è ancora una volta conseguenza diretta della mancata riforma di norme confuse e non coordinate tra loro e della conseguente pluriennale mancanza di un piano nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo e di integrazione sociale dei titolari di protezione”, sottolinea Asgi, che denuncia come “invece di rafforzare il sistema di protezione si crea una rete parallela di accoglienza meno tutelata”.
In effetti, un sistema di protezione nazionale ci sarebbe già: è lo Sprar, incrementato dal 1° febbraio 2014 fino a raggiungere i 20.000 posti. Perchè il governo non utilizza questo sistema già presente? “La scelta operata dall’Autorità centrale – scrive Asgi, che fa un parallelismo con “le peggiori scelte di ciò che fu la cd. “emergenza Nord-Africa” del 2011” – viene motivata dalla mancanza di copertura economica necessaria a dare attuazione all’allargamento dei posti disponibili nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)”.
In altri termini: i posti ci sarebbero, solo che ad oggi non sono operativi perché privi di copertura finanziaria. Quindi, “invece di assicurare l’immediata operatività dei posti di accoglienza diffusa che garantiscono standard adeguati di protezione per i richiedenti asilo e contenimento della spesa pubblica, si costruisce l’ennesimo sistema di intervento parallelo facendo ricorso ad ospitalità alberghiere con evidente danno erariale, rallentamento dei tempi della procedura di esame delle domande di asilo ed abbassamento degli standard di tutela”.
Una scelta temporanea dettata da motivi economici, secondo il Ministero. Ma “la distribuzione geografica dei richiedenti asilo in tutto il territorio nazionale, comprese le isole e altre aree periferiche così come anche le informazioni pervenute relative ai tempi di durata delle convenzioni fatte sottoscrivere, sembra indicare il contrario”, sottolinea l’Asgi.
Che senso ampliare il numero dei posti di un sistema di accoglienza, se poi quando questi posti dovrebbero essere usati non sono disponibili? Ancora una volta, le istituzioni sono impreparate a far fronte a una situazione consueta e ciclica, che prende i contorni di un problema proprio a causa della mancanza di un’adeguata pianificazione degli interventi e degli stanziamenti necessari. “Nessuna delle sistemazioni alberghiere cui si sta dando attualmente corso, sarebbe stata necessaria se i posti del sistema di protezione, fossero stati prontamente attivati”, denuncia Asgi, che sottolinea come recentemente il governo italiano abbia rigettato “le proposte, pur avanzate da A.S.G.I. e dall’U.N.H.C.R., e fatte proprie dalle competenti commissioni parlamentari, di introdurre, nel D.Lgs 18/2014 di recepimento della cd. ‘direttiva UE sulle qualifiche’ una norma che garantisse certezza di interventi volti all’accoglienza e all’inclusione sociale dei titolari di protezione internazionale”.
A fronte del “livello di irrazionalità complessiva degli interventi delle autorità italiane”, giunto ormai a “livelli veramente inauditi”, l’Asgi chiede “che siano immediatamente sbloccati i fondi per il finanziamento dei programmi del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”; portando così il sistema alla sua piena attività.
Alla base di tutto questo, inoltre, dovrebbe esserci la riforma del sistema nazionale di accoglienza che le associazioni chiedono con forza e urgenza da anni, e che non è stata mai presa in considerazione. “Si tratta – specifica Asgi – di proposte che prevedono la progressiva chiusura dei CARA e l’istituzione di un nuovo sistema nazionale di accoglienza che valorizzi i numerosi aspetti positivi dell’attuale sistema SPRAR, superandone però gli intrinseci limiti strutturali (in primis la disomogeneità dei programmi di accoglienza basati su una mera adesione volontaria degli enti locali e la connessa mancanza di una programmazione generale pluriennale tra Stato-Regioni ed Enti Locali) che ne impediscono lo sviluppo da sistema con caratteristiche sperimentali (così fu alla sua partenza, nel 2002) ad unico ed efficiente sistema nazionale per l’accoglienza dei rifugiati”.
Come si vede, i problemi sono intuibili già prima che si concretizzino. Urge la volontà politica di guardare la realtà e di smettere di celarsi dietro “ulteriori piani straordinari” – un ossimoro che ben rappresenta lo stallo in cui ci troviamo.
Clicca qui per il comunicato di Asgi.