In aumento le revoche delle ordinanze comunali che definivano il fenomeno migratorio come “un pericolo per la sicurezza e la salute pubblica”. Le cosiddette ordinanze “anti-profughi” si erano diffuse principalmente nell’agosto scorso nei comuni delle province di Milano, Brescia, Bergamo, Lecco e Varese. Ritirate senza spiegazioni o con motivazioni imbarazzanti. ASGI, CGIL, Fondazione Guido Piccini Onlus e la Cooperativa RUAH che avevano proposto i ricorsi: “Bene, ora le Amministrazioni comincino a gestire seriamente la crisi umanitaria, non creando paura ma collaborando lealmente tra loro per attuare soluzioni condivise“. Qui di seguito il comunicato stampa delle associazioni.
A fronte dei ricorsi promossi dall’ASGI, CGIL, Fondazione Guido Piccini Onlus e dalla Cooperativa RUAH e, in alcuni casi, dalle Prefetture, i sindaci che avevano adottato un modello standard di ordinanza al solo fine di cercare di creare ostacoli all’attività di accoglienza, fanno una precipitosa marcia indietro e, nella quasi totalità, revocano le ordinanze, dando atto di non avervi mai dato applicazione. Vanno sottolineate le motivazioni delle revoche che, se non fosse in questione la dignità delle istituzioni, farebbero sorridere e dimostrano la mancanza di motivati e sostanziali elementi su cui gli amministratori locali hanno basato le loro decisioni.
Si va da chi non ritiene di dare spiegazioni alla marcia indietro al sindaco che ha scoperto solo recentemente norme di legge in base alle quali risulta illegittima l’ordinanza – norme che avrebbe dovuto conoscere prima in qualità di amministratore – fino a coloro che motivano il provvedimento con la “riduzione del numero di sbarchi”, diminuzione che si era già verificata ben prima della adozione delle ordinanze. Va rilevato, inoltre, che non si comprende quale effetto potesse avere tale riduzione in Comuni che non sono logisticamente interessati né da riduzioni, né da incrementi di sbarchi (come possono esserlo le Amministrazioni sede di porto) e che, comunque, non hanno alcun potere di emettere provvedimenti in relazione a fenomeni di rilevanza nazionale.
Alcuni sindaci richiamano, infine, il dovere di leale collaborazione tra le istituzioni, quando, si fa notare sommessamente, erano proprio tali ordinanze ad essere d’intralcio al lavoro con il quale le prefetture cercano di realizzare una equa distribuzione dell’accoglienza tra le varie realtà locali.
Le associazioni, pur prendendo atto con soddisfazione di questa totale retromarcia, non possono non ricordare che le predette ordinanze erano state adottate qualificando il fenomeno migratorio come “un pericolo per la sicurezza e la salute pubblica”.
Ci auguriamo che le tali Amministrazioni intraprendano un percorso di gestione dell’accoglienza con lucidità, concretezza, e soprattutto nel rispetto della legalità, così clamorosamente violata in questa vicenda.
Di seguito le revoche: