Proteggiamo le persone, non i confini. E’ lo slogan della manifestazione che si svolgerà a Roma sabato 17 dicembre a partire dalle ore 14 lanciata da Baobab Experience, la realtà nata intorno a via Cupa, dove dall’anno scorso moltissime persone sono passate ricevendo l’assistenza che non è arrivata dalle istituzioni.
Le persone accolte da Baobab Experience hanno subìto diversi sgomberi, fino ad arrivare a piazzale Spadolini, dietro la stazione Tiburtina: un luogo nascosto alla città, dove i migranti continuano a ricevere una primissima assistenza sanitaria grazie all’attività di Medu, e dove i volontari di Baobab Experience continuano a provvedere alla fornitura di cibo e indumenti (clicca qui per una ricostruzione dei fatti).
Una situazione insostenibile, a cui il Comune – dopo mesi di silenzio – ha dato solo recentemente una risposta, mettendo a disposizione 90 posti letto all’interno della struttura gestita dalla Croce Rossa in via del Frantoio: una misura che non può essere considerata né risolutiva, né sufficiente. Se un ‘presidio umanitario’ – come viene denominato il centro della Croce Rossa – è infatti sicuramente meglio della strada, è impossibile non notare il carattere emergenziale che contraddistingue ancora una volta la risposta del Comune (basti pensare che la struttura di via del Frantoio doveva essere chiusa il 31 dicembre 2016, ma a fronte della situazione sarà mantenuta aperta fino a giugno 2017).
Il Baobab si è occupato specificamente di accogliere i migranti in transito da Roma. Ma la questione dell’accoglienza nella capitale presenta problemi che vanno ben oltre quelli giustamente denunciati dagli amici del Baobab.
A metà settembre, erano più di 4mila i richiedenti asilo accolti a Roma nei due principali circuiti istituzionali dell’accoglienza: quello “ordinario” dello Sprar e quello “straordinario”delle strutture temporanee (CAS) che fanno capo alla Prefettura; quasi la metà delle 7.800 persone allora ospitate sul territorio regionale che, però, secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, al 30 novembre erano già diventate 15mila: più che raddoppiate.
L’assenza di interventi specificamente destinati ai migranti in transito si colloca dunque in un contesto cittadino e regionale in cui il circuito dell’accoglienza istituzionale è chiamato a farsi carico di un rapido aumento della domanda ma presenta, non certo da ora, carenze strutturali pesantissime. Nel dossier Il mondo di dentro, Lunaria ha tentato di ricostruirle in dettaglio avanzando anche alcune proposte, gran parte delle quali elaborate e condivise con la rete Romaccoglie. A queste rinviamo (link al documento).
Oggi vale la pena invece ricordare che il 31 dicembre si chiude formalmente il progetto Sprar 2014-2016 coordinato dall’amministrazione comunale che ha coinvolto nel triennio trascorso 18 enti gestori di 51 strutture che si sono fatte carico complessivamente dell’accoglienza di 3mila persone. E’ questo dunque il momento giusto per porre alcune domande. Quale sarà il modello Sprar che il Comune ha in mente per i prossimi tre anni? Resteranno le grandi strutture come quelle dell’ex centro Enea, di via Staderini o di via del Frantoio (dove oltre al presidio Caritas si trova un centro Sprar gestito da Eriches)? Oppure sarà privilegiata l’accoglienza diffusa sul territorio, magari in appartamento, come già oggi accade al centro Welcome gestito da Promoidea o nel quartiere Pigneto in un progetto gestito dall’Arci?
Proseguirà la concentrazione dell’accoglienza in periferia, oggi in particolare nel quadrante Est della capitale, oppure sarà evitata, grazie al coinvolgimento dei Municipi e delle realtà sociali sin dalla fase della progettazione dei servizi? Si escluderà finalmente dai bandi per l’assegnazione dei servizi il criterio della disponibilità delle strutture da parte degli enti gestori, magari qualificando quegli immobili di proprietà pubblica inutilizzati dispersi sull’intero territorio cittadino? Il criterio dell’offerta al massimo ribasso continuerà ad essere privilegiato nella fase di valutazione dei progetti? Quali accorgimenti saranno adottati per garantire la qualità dei servizi e un equo trattamento agli operatori impiegati nei centri?
Quale strategia di rete (interistituzionale e con le realtà sociali) sarà avviata dal Comune per evitare che l’assenza o l’inadeguatezza dei percorsi di inserimento sociale e lavorativo contribuisca a cronicizzare l’insufficienza dei posti di accoglienza disponibili?
Predisporre centri di accoglienza per i migranti in transito è necessario, urgente e indifferibile, nel contesto di una strategia più ampia che per una volta affronti in profondità il complesso dei problemi del sistema di accoglienza ordinario e straordinario della città. Magari facendo uno sforzo di immaginazione e guardando a un modello di accoglienza e di inclusione dei richiedenti asilo interconnesso con il territorio e capace di fornire risposte anche al disagio abitativo che riguarda migliaia di cittadini “nazionali”.
Sarebbe interessante se l’amministrazione comunale nel suo insieme fosse disponibile a discuterne in una sede collettiva, insieme ai Municipi, alle associazioni e ai movimenti sociali, molti dei quali manifesteranno sabato a Roma.
L’appuntamento è per le ore 14 a piazza Repubblica.
Qui il link all’evento Facebook e al comunicato con cui è stata indetta la manifestazione