Fa sicuramente parlare molto di sé e al tempo stesso fa riflettere e discutere l’Accademia dell’Integrazione, attiva a Bergamo dal 24 settembre e promossa dal Comune, Diocesi (Associazione Diakonia e cooperativa Ruah) e Confindustria. Negli ultimi giorni, soprattutto dopo la conferenza stampa di presentazione del progetto, con la presenza del sindaco Gori, l’attenzione dei media verso l’Accademia è aumentata molto, e sono arrivati i primi apprezzamenti e le prime critiche. Persino la trasmissione Le Iene è andata a vedere come si vive in questa “Accademia”, realizzando un servizio andato in onda l’11 novembre.
L’Accademia, situata al secondo piano dell’ex casa di riposo Carisma di Bergamo, è un “progetto sperimentale di accoglienza “attiva” dei richiedenti asilo, incentrato sulla formazione linguistica, civica e professionale dei partecipanti (non discostandosi di molto, almeno negli obbiettivi generali, da quanto richiesto nel cosiddetto “Contratto d’Integrazione”, entrato in vigore il 10 marzo 2012, emanato con D.P.R. 14 settembre 2011, n.179). Impegno nello studio e nelle attività di volontariato, uniti al rispetto delle regole comportamentali, è quanto si chiede ai 30 richiedenti asilo (che diventeranno 60 alla fine di novembre) che hanno aderito volontariamente al progetto.
Gli “allievi”, come vengono chiamati, sono rigorosamente selezionati prima di essere ammessi: fanno tre colloqui, due con la cooperativa Ruah e l’ultimo con il capo gabinetto del sindaco, durante i quali vengono valutate motivazioni e attitudini e viene spiegato loro quali sono le regole. Se accettano, e se idonei, firmano una specie di accordo e vengono fatti entrare in Accademia “in prova” per due settimane, al termine delle quali decidono se rimanere o andarsene. All’interno dell’Accademia, violare le regole comporta un “richiamo”, come, per esempio, l’obbligo di rimanere nella struttura durante il fine settimana. Spazi comuni puliti, stanze in ordine e con i letti perfettamente rifatti e tutti uguali e ospiti vestiti tutti con la stessa tuta blu con la scritta “Accademia per l’Integrazione. Grazie Bergamo!”. I telefoni vengono ritirati dopo la colazione, e restituiti brevemente durante la pausa pranzo e poi di nuovo alla sera: alle 23 si stacca il wifi, anche perché la sveglia è alle 6:30 di mattina, sabato compreso.
L’esperienza ha una durata di 9 mesi: i primi 6 dedicati all’insegnamento della lingua italiana al livello A2; i restanti 3, di formazione professionale affidata a ABF in collaborazione con Confindustria. Al termine dei 9 mesi “accademici” (diremmo un po’ “militari”) i partecipanti potranno usufruire di un tirocinio ed eventualmente di un contratto di lavoro.
Di certo è prematuro valutare il progetto iniziato solo due mesi fa, anche a causa del suo carattere sperimentale. E d’altra parte, le competenze acquisite nel corso del progetto non potranno essere fatte valere di fronte alla Commissione territoriale, cui spetta valutare la richiesta di protezione internazionale e non il processo di “integrazione” dei richiedenti asilo. Anche per questa ragione, il Consiglio comunale di Bergamo ha approvato la proposta di introdurre una specie di “permesso premiale”, cioè un permesso di soggiorno che venga dato a chi ha un certificato A2 di italiano, chi ha fatto almeno 100 ore di volontariato e chi sta svolgendo un tirocinio o sta lavorando.
La proposta è stata ripresa e presentata dall’ANCI (Associazione italiana dei comuni italiani) sotto forma di emendamento (Emendamento 6) al decreto “Immigrazione e Sicurezza” alla Commissione Affari costituzionali alla Camera, già approvato in Senato, che la prossima settimana sarà discusso e votato in Aula.
Dopo aver dedicato un servizio televisivo all’esperienza di Bergamo, Le Iene hanno persino lanciato una petizione su Change.org per sostenere l’emendamento di Anci che potrebbe, in qualche modo, “salvare” questa sorta di sperimentazione.
«Perché non permettere a questi ragazzi, che stanno dimostrando impegno e una grandissima volontà ad integrarsi, di avere un permesso di soggiorno che permetta loro di lavorare onestamente nel nostro paese? Perché rischiare di farli delinquere quando esiste un’ottima alternativa?», si legge nel testo della petizione che è accompagnata da filmati che hanno lo scopo di dimostrare la volontà di “integrarsi” dei richiedenti asilo ospitati nel progetto di Bergamo. E naturalmente non mancano le immagini che riprendono i ragazzi mentre cantano l’inno nazionale.
L’intento dei curatori della trasmissione, del Comune di Bergamo e dell’Anci, con la sua proposta di emendamento, sembra quello di fare tutto il possibile per limitare i danni prodotti dall’entrata in vigore del DL 113/2018 su Sicurezza e Immigrazione.
Il decreto, infatti, cancellando il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha tra le sue finalità quella di diminuire il più possibile il numero di riconoscimenti di una qualche forma di protezione ai richiedenti asilo e, per questa via, è destinato ad accrescere il numero di persone che si troveranno sul nostro territorio prive di un titolo di soggiorno. Da qui l’idea di proporre un titolo di soggiorno “premiale” per i richiedenti asilo che, pur essendo destinatari di un diniego, possano dimostrare di aver compiuto un percorso di inclusione nel nostro Paese.
Cionondimeno il modello sperimentato a Bergamo desta non poche perplessità. Selezioni rigorose, tute blu, orari rigidi, molte ore di volontariato e persino limitazioni alle relazioni con l’esterno sono tutti “dettagli” che sembrano evocare la necessità di dover dimostrare qualcosa (la volontà di “integrarsi” da parte degli “ospiti”), più che la volontà di garantire un’accoglienza dignitosa a chi esercita un diritto fondamentale come quello all’asilo.
E d’altro canto, il testo della petizione online torna a riproporre l’esistenza di un nesso di causalità esistente fra immigrazione-irregolari-accattonaggio/delinquenza-sicurezza che è esattamente ciò che si dovrebbe maggiormente contestare nel DL. 113. “Secondo le statistiche infatti un immigrato irregolare delinque 20 volte di più di un immigrato regolare”, si legge infatti nella petizione. E ancora: «Anche tu vuoi le nostre città più sicure?», «Allora chiediamo insieme a tutti i parlamentari, firmando la petizione, di fare una scelta di buonsenso e di garantire la sicurezza dei cittadini approvando l’emendamento 6».
Intanto il Decreto sta già producendo maledettamente i suoi effetti. Sgomberi, uso della forza, aumento dei dinieghi alle domande di protezione. E soprattutto, incertezza e paura nei richiedenti asilo.