Sabato sera quattro ragazzi di vent’anni sono stati aggrediti nel quartiere Trastevere di Roma. Motivo dell’attacco il fatto che uno di loro indossava la maglietta bordeaux simbolo del Cinema America. Gli aggressori, un altro gruppo di giovani poco più grandi, che non tollerava la maglietta e il suo significato simbolico.
L’accaduto si inserisce in una serie sempre più frequente di aggressioni e violenze. In questo caso l’aggressione aveva presumibilmente una connotazione politica, ma la violenza colpisce soggetti diversi: omosessuali, stranieri, donne, chi esprime solidarietà ai migranti o chi professa una religione diversa.
L’episodio è stato condannato pubblicamente da varie figure istituzionali, dal Sindaco di Roma Virginia Raggi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte; altri come Nicola Zingaretti lo hanno criticato cogliendo l’occasione per portare avanti l’opposizione al Governo. Anche il ministro dell’Interno si è dissociato da quanto accaduto dichiarando di essere contrario ad ogni forma di violenza. Si da il caso però che usi insistentemente il concetto di identità (padana, italiana, cristiana ecc.), per scavare fossati sempre più profondi tra noi e gli altri.
L’identità, come sottolineato dall’antropologo Francesco Remotti, è una categoria pericolosa, chedivide e oppone, e portata all’estremo non può fare altro che fomentare conflitti e creare nuovi nemici.
Dei ragazzi aggrediscono e picchiano violentemente dei coetanei che nemmeno conoscono, solo perché infastiditi da una maglietta, che identificano con un messaggio, quello dell’antifascismo, che non condividono e non tollerano.
Se unita alla tolleranza, l’identità può produrre una coesistenza pacifica, che è sicuramente un buon traguardo. Ma la tolleranza ha un limite: tollerare vuol dire sopportare, ed oltre ad implicare una struttura gerarchica (tra chi tollera e chi è tollerato), può essere tolta in qualsiasi momento. E ultimamente sembra che un numero crescente di persone si senta autorizzato a trasformare l’intolleranza in una vera e propria discriminazione.
La solidarietà con i ragazzi aggrediti e lo sdegno per quanto accaduto è stata per fortuna molto forte. Si tratta di reazioni positive e incoraggianti, che mostrano come gran parte della società non condivida i discorsi d’odio e le modalità aggressive di relazionarsi agli altri. Ma le molte aggressioni e violenze, come quelle di matrice xenofoba e razzista registrate anche da Cronache di Ordinario Razzismo, sono anche una conseguenza dei discorsi e delle politiche che da molto tempo creano chiusure e separazioni.
Servirebbe invece pensarsi non in termini oppositivi, “noi contro loro”, moltiplicando le occasioni di dialogo e di relazione, in una prospettiva alternativa a quella che vede identità definite una volta per tutte e in conflitto tra loro.
Francine Filiè