di Serena Chiodo
All’inizio si pensava a piccole manifestazioni locali, per ricordare Samb Modou, di 40 anni, e Diop Mor, 54, uccisi dai colpi sparati martedì mattina da Giancluca Casseri, ragioniere di 50 anni, che ha ferito gravemente altri tre senegalesi prima di togliersi la vita, accerchiato dalla polizia. Ma la gravità di quanto successo imponeva una risposta forte e unita, che non si è fatta attendere: in ventimila hanno sfilato a Firenze, sabato 17 dicembre, partendo proprio da piazza Dalmazia, dove ha avuto inizio la tragedia, proseguita poi al mercato di San Lorenzo.
Tanti i partecipanti di origine straniera, prevalentemente senegalesi -ma non solo- arrivati da tutta Italia; tanti anche gli italiani, accorsi per dare un forte segnale di solidarietà, e per gridare che gli italiani non sono razzisti. Già, perché risulta difficile banalizzare questa strage, come ha fatto qualcuno, come il gesto di un folle. Quello che è stata, lo hanno detto chiaramente i cartelli, gli striscioni, le parole dei manifestanti: l’espressione atroce dell’odio razzista che ha travolto il paese anche grazie alle politiche di intolleranza e discriminazione e da toni istituzionali sempre più aspri. Lo hanno denunciato a Firenze cartelli come “chi sono i mandanti di questa strage?”, oppure “la legge non è uguale per tutti, la discriminazione genera odio”. Del resto, è impossibile non ricordare, in questi momenti, parole come quelle pronunciate lo scorso aprile dall’ex viceministro Castelli: “Non possiamo sparare agli immigrati, almeno per ora”.
I manifestanti sono stati tutti d’accordo nell’individuare quanto successo come un gesto di estrema violenza razzista, in un contesto politico-sociale sempre meno attento al rispetto dell’altro, e sempre pronto, quello sì, ad alzare i toni, a individuare nello straniero il nemico. Dopo quanto accaduto, è impossibile non pensare alle politiche discriminatorie, ai pacchetti sicurezza, ai messaggi mediatici al limite del razzismo, alle aggressioni di matrice razzista quasi mai riconosciute come tali dalla politica.
Così come non può essere ignorato il legame che Casseri aveva con Casapound, associazione di estrema destra i cui membri si definiscono “fascisti del terzo millennio”: la Costituzione dichiara come illegale qualsiasi forma di fascismo, ma poi la realtà concreta è un’altra. Sono numerosi i sindaci che hanno dichiarato di non poter chiudere le sedi di Casapound perché “non fa nulla di illegale”, numerosi i politici, non solo di destra che hanno partecipato alle sue iniziative; il logo di Roma Capitale è comparso sui manifesti delle attività dei “fascisti del terzo millennio” e il sindaco Alemanno ha deciso di acquistare l’edificio da tempo occupato da Casapound prevedendo una spesa di 11,8 milioni di euro pubblici.
A Firenze durante la manifestazione, è stata chiesta a più riprese la chiusura delle associazioni che fomentano l’odio e si richiamano a ideali fascisti illegali. I cittadini immigrati hanno fatto sentire la loro voce con forza, rivendicando rispetto ed uguaglianza, e denunciando la situazione in cui vengono sfruttati come lavoratori e contribuenti, avendo in cambio politiche discriminatorie e leggi irrispettose della dignità umana. L’abbraccio del popolo fiorentino, e di tanti altri italiani accorsi da diverse città, ha fatto sentire un “calore umano di cui c’era bisogno”, come afferma la rappresentante nazionale della rete 1 Marzo, Cecile Kyenge Kashetu. Un calore umano che forse era necessario anche agli italiani presenti. Il portavoce della comunità senegalese di Firenze, Pape Diaw che, dopo aver fatto riferimento apertamente alla Lega Nord, “un partito che si richiama alle radici cristiane ma fomenta l’odio razziale, anche in televisione”, ha chiesto “leggi severe contro il razzismo e le discriminazioni razziste”.