Il sistema sanitario italiano continua ad essere in affanno: mancano un po’ dovunque medici, infermieri, anestesisti, OSS. Gli appelli si moltiplicano, mentre regioni e Asl pubblicano molti bandi per il reclutamento urgente di personale sanitario. Purtroppo, come già sottolineato più volte negli ultimi giorni, alcuni di essi prevedono requisiti di accesso discriminatori nei confronti dei cittadini stranieri.
Sono due gli articoli di legge di cui si parla molto a tale proposito. Il primo è l’art. 38 del T.U. del Pubblico Impiego (D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), che stabilisce che possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale, “i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente” e, alle stesse condizioni, “i cittadini di Paesi terzi titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria”. L’altro è l’art. 13 del D.L. 18/2020 (“Cura Italia”), che ha previsto una deroga all’art. 38 del T.U. del Pubblico Impiego, consentendo di assumere alle dipendenze della pubblica amministrazione per l’esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario tutti i cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, dunque anche i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno di breve periodo.
Molti dei bandi pubblicati, anche nel corso degli ultimi mesi (ai quali si poteva già applicare la deroga, ndr) hanno, invece, continuato a richiedere, fra i requisiti, solamente la cittadinanza italiana ed UE (si vedano ad esempio questi due bandi scaduti da poco e pubblicati dagli Ospedali Riuniti di Palermo, uno per il reclutamento di infermieri e l’altro di Tecnici Sanitari di laboratorio biomedico; oppure questo dell’Azienda Speciale Consortile Agordina per reclutamento OSS). Non sono applicati, quindi, né l’art. 38 T.U. del pubblico impiego, né tanto meno la deroga di cui all’art. 13.
Poi, vi sono i bandi che inseriscono correttamente le categorie consentite ai sensi dell’art. 38 T.U. (si vedano ad esempio, il Pubblico Avviso – per soli titoli – per la formazione di graduatorie da cui attingere per eventuali assunzioni a tempo determinato di Dirigente Medico in varie discipline dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, ancora aperto, oppure una lunga serie di bandi dell’ARNAS- Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Garibaldi di Catania), ma che non applicano la deroga all’articolo 13.
Inoltre, vi sono bandi che sono “formalmente” corretti, perché contengono il riferimento all’art. 38 T.U., ma non chiariscono di fatto in modo esplicito il contenuto della norma. In altre parole, un cittadino straniero titolare di protezione internazionale o di un permesso di soggiorno di lungo periodo, con questo tipo di formulazione dei requisiti, potrebbe non riuscire a capire che non è escluso dal bando e che, invece, può partecipare. Ciò potrebbe configurare “una discriminazione secondo i principi affermati dalla CGUE, e potrebbe dissuadere fortemente determinati candidati dal presentare le proprie candidature e, quindi, ostacolare il loro accesso al mercato del lavoro”. Oltre poi a non applicare, come per gli altri, la deroga all’art.13.
Dopo l’appello e la lettera inviata ai ministri competenti da parte di Asgi, Lunaria e Italiani senza cittadinanza e l’attivazione di molte altre realtà della società civile, qualcosa si è mosso. Fra i risultati più importanti ottenuti, sono sicuramente da annoverare la formulazione di un nuovo bando della protezione civile del 20 novembre (OCDPC n. 714 del 20 novembre 2020 – Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) e di quello fatto ad hoc dalla Regione Piemonte (Manifestazione d’interesse per reclutare medici ed infermieri extracomunitari). In entrambi i casi, finalmente, si è ottenuta la tanto invocata applicazione della deroga contenuta nell’art. 13 del Decreto “Cura Italia” (vi è, a tale proposito, anche un esempio di corretta redazione da parte della Regione Toscana, per quel che riguarda il bando per il reclutamento di infermieri presso le Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale): l’accesso ai bandi è stato dunque aperto ai cittadini stranieri in possesso di un titolo di soggiorno che consente di lavorare. Sono esempi di come una amministrazione pubblica possa redigere in modo corretto, e dunque non discriminatorio, dei bandi pubblici per il personale medico e paramedico in emergenza Covid, semplicemente rispettando le norme di legge già esistenti.
Lunaria, con il supporto delle associazioni che vorranno unirsi, cercherà di mettere in atto una serie di azioni che spingano, nella stessa direzione dell’appello sottoscritto pochi giorni fa, innanzitutto per un immediato intervento con una circolare (o qualcosa di simile) rivolta a tutte le ASL e a tutte le Regioni e che chiarisca e renda uniforme l’obbligo di applicare l’art. 13 del Cura Italia. Non è tollerabile che vi sia un trattamento cosi differenziato fra Regioni e fra le varie Aziende sanitarie. Ugualmente, si continuerà a chiedere alle sedi opportune un intervento affinché venga modificato il DPCM 174/94 e affinché si estendano gli effetti dell’art. 13 anche oltre il periodo di emergenza Covid.
L’esercizio dei diritti, a maggior ragione durante una pandemia, non può aspettare!