Una piccola imbarcazione fatiscente, che trasportava circa 50 migranti, è naufragata poco dopo la mezzanotte tra domenica 6 e lunedì 7 ottobre. E’ accaduto ancora una volta a poche miglia da Lampedusa: la barca, di una decina di metri, proprio poco dopo l’arrivo della Guardia costiera e della Guardia di Finanza, si sarebbe capovolta e le persone sarebbero cadute in mare. Ieri, le condizioni del tempo non erano molto favorevoli per le ricerche, c’era un forte vento e onde alte fino a due metri, sono tredici i corpi recuperati finora, tutti di donne. Solo quattro donne sono state identificate dai propri familiari. La più giovane era una ragazza di 12 anni che viaggiava con la madre, una zia e una cugina. Secondo le testimonianze, tra i morti ci sarebbe anche lo scafista tunisino che conduceva l’imbarcazione. E intanto ballano i numeri che parlano dei dispersi: sarebbero 17 secondo alcuni, anche più di 20 per altri, dei quali quattro o forse otto i minori, e va sottolineato che all’appello mancherebbero con certezza un bimbo di 8 mesi che viaggiava con la mamma, un altro di 2 anni e due ragazze adolescenti.
Il procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e gli uomini della Squadra mobile stanno continuando a sentire i sopravvissuti (13 uomini e 9 donne) per ricostruire ulteriormente la dinamica del naufragio e, soprattutto, individuare in Tunisia e in Libia gli eventuali complici di chi ha organizzato la traversata.
Secondo il racconto di chi era a bordo del “barchino”, dalla Tunisia sarebbero partiti in 52: 38 subsahariani (provenienti da Costa d’Avorio, Guinea e Camerun), imbarcati in Libia, e 14 tunisini, che invece sarebbero saliti a Sfax. Agli atti dell’indagine, ci sono anche le immagini girate dai migranti a bordo dell’imbarcazione prima che avvenisse la tragedia: foto e video dai quali emergerebbe che al momento della partenza le condizioni del mare erano apparentemente buone. I migranti, tuttavia, non indossavano salvagenti, nonostante la possibilità annunciata di condizioni meteo in peggioramento (e chissà se i salvagenti sarebbero bastati a salvarli).
La Procura della Repubblica di Agrigento ha, quindi, aperto un fascicolo a carico di ignoti, ipotizzando, oltre che il cosiddetto “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, la morte come conseguenza di altro reato. “E’ strano – ha spiegato alla stampa il procuratore – che siano stati fatti partire con queste condizioni di mare. Stiamo approfondendo e sentendo i superstiti, che sono tutti sotto choc per l’accaduto”.
Come riportato da Repubblica, alla luce di questo ennesimo drammatico naufragio, l’eurodeputato del PD, Pietro Bartolo, si è scagliato contro i Decreti Sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “Il nostro governo intervenga subito per cancellare quei decreti scellerati – ha affermato – finché restano leggi del nostro Stato temo che nessuno di noi possa andare a letto con la coscienza in pace“ (a tale proposito invitiamo ancora a firmare l’appello della campagna #IoAccolgo, cliccando qui).
E se da un lato, si invoca sempre più forte la necessità di aprire corridoi umanitari che permettano alle persone di raggiungere l’Europa in maniera più sicura e di mettere in campo un’operazione di ricerca e soccorso in mare che consenta di salvare le persone in difficoltà (cosi come anche chiesto dalle ONG che operano già in mare per i salvataggi ed ora sono bloccate. Vedi il post di Mediterranea), dall’altro risuonano preoccupanti e vergognose alcune “insinuazioni” secondo le quali l’equazione nuovo governo uguale porti aperti, significhi di conseguenza più morti in mare (in barba a tutti i dati che hanno invece provato l’esatto contrario. Per un approfondimento leggi questi due articoli su Next qui e qui).
Eppure, pochi giorni fa il ministro degli Esteri, Di Maio, esultava, pensando di aver trovato la panacea di tutti i mali nei rimpatri: «Finalmente acceleriamo, negli ultimi 14 mesi non si era fatto nulla. Siamo all’anno zero sui rimpatri. Si tratta di un provvedimento che non urla ma guarda ai fatti perché la redistribuzione – ha spiegato Di Maio in sede di presentazione del decreto interministeriale migranti, già ribattezzato “decreto rimpatri”, che rappresenta il primo passo per il “Piano Rimpatri Sicuri”, firmato insieme ai ministri Bonafede e Lamorgese – ci aiuta ad affrontare il problema, non più come Italia ma come Europa. Prossimi passi saranno rafforzare la cooperazione allo sviluppo e consolidare i rapporti con i Paesi di partenza» (per un approfondimento clicca qui).
Nel frattempo, l’incontro informale che si è svolto ieri a margine del Consiglio europeo Affari Interni a Lussemburgo, ha fermato di fatto l’avvio del progetto pilota di ricollocazione dei richiedenti asilo soccorsi e salvati in mare su cui Italia, Francia, Malta e Finlandia hanno trovato un accordo lo scorso 23 settembre (qui il documento della Camera che ne anticipa i contenuti).
La ministra degli Interni Lamorgese ha infatti confermato che sarebbero solo 3 i Paesi che lo sostengono (Irlanda, Portogallo e Lussemburgo). I Paesi di Visegrad hanno fatto fronte comune, confermando la loro netta contrarietà ad ogni meccanismo stabile di “redistribuzione” di migranti. Mentre Bulgaria, Cipro e Grecia hanno presentato un documento per chiedere di porre la massima attenzione «sull’aumento persistente degli arrivi» ad Est, a causa della crisi siriana.
D’altra parte, il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer, ha dichiarato a margine dell’incontro che l’accordo funzionerà se i numeri degli arrivi resteranno bassi, nell’ordine delle “centinaia”, ma, se diverranno “migliaia”, allora il meccanismo si fermerà. “Ci proteggiamo dagli abusi da parte dei trafficanti, ma nello stesso tempo abbiamo dato una risposta umana. Salvare persone che rischiano di affogare è naturale, a mio modo di vedere”, ha concluso Seehofer.
All’indomani della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, istituita per commemorare tutte le persone che hanno perso la vita in mare dal 2013 ad oggi, si continua ad assistere alla morte di migliaia di persone in cerca di rifugio da guerre, persecuzioni e povertà estrema. E si continua ad assistere all’assenza di soluzioni concrete ed umane.
Ci chiediamo, per l’ennesima volta, quanti altri morti dovremo ancora contare? Ma soprattutto, perché l’Italia ed anche l’Europa, malgrado i proclami, i decreti e le promesse, continuano ad ignorare questa enorme strage?