“Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.
Parole purtroppo premonitrici di Jerry Essan Masslo che, sfuggito all’apartheid del Sud-Africa, il 25 agosto 1989 fu ucciso nelle campagne di Villa Literno, dove raccoglieva pomodori, ad opera di una banda di 4 ladri per poche lire al grido di “negro”. Con la sua morte abbiamo scoperto il razzismo nel belpaese. A Jerry Masslo furono riservati funerali solenni in presenza delle più alte cariche dello stato e la sua morte il 25 ottobre 1989 portò alla prima grande manifestazione antirazzista nel paese (circa 250mila persone). Un anno dopo la legge Martelli abolì la riserva geografica per l’ottenimento del diritto di asilo.
Da allora sono passati 28 anni. Da 600mila, i cittadini stranieri nel nostro Paese sono diventati quasi 5 milioni. In molti provengono ormai da paesi governati da dittature o in conflitto.
Moltissimi sono nati qui. Nel 1989 al razzismo non ci eravamo ancora abituati; forse per questo fummo capaci di reagire con un’immediata e grande reazione popolare.
Oggi debordano di razzismo le piazze reali e virtuali, i programmi politici e le strategie istituzionali. Negli ultimi due anni e mezzo le vittime di omicidi o di tentati omicidi di matrice razzista sono almeno 11. Molte di più le aggressioni fisiche, le offese e le molestie che colpiscono chiunque sia considerato estraneo al belpaese.
Dal 1998, l’anno della legge Turco-Napolitano già troppo sbilanciata sulla limitazione dei flussi migratori, abbiamo fatto solo passi indietro. E non sappiamo ancora se il Senato avrà il coraggio di approvare la riforma della legge sulla cittadinanza prima della fine della legislatura.
Jerry Masslo si è ribellato all’ingiustizia e ha perso la vita.
Ci ricorda che l’unica bussola a cui possiamo affidarci per garantire un futuro a noi e ai nostri figli è quella dell’eguaglianza e della lotta contro ogni forma di discriminazione.