La notte del 5 settembre a Colleferro, nella zona dei Castelli Romani, il 21enne Willy Monteiro Duarte, nato a Roma da una famiglia di Capo Verde e residente a Paliano, in provincia di Frosinone, dove studiava all’alberghiero e lavorava come aiuto cuoco in un hotel, è morto sull’ambulanza che lo trasportava all’ospedale dopo essere stato aggredito e picchiato violentemente a calci e pugni, anche quando era oramai inerme per terra, da quattro giovani.
Stando a quanto riportano le prime ricostruzioni, l’omicidio si sarebbe consumato in una zona centrale dove si trovano diversi locali, poco dopo le 4 del mattino, quando Willy, che stava tornando a casa con degli amici, avrebbe visto un gruppo di persone aggredire un ragazzo che conosceva e sarebbe intervenuto nella disputa per tentare di sedare gli animi. Sempre secondo le prime ricostruzioni, due dei quattro protagonisti dell’aggressione, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, di 24 e 26 anni, lottatori di MMA (Mixed Martial Arts, una mescolanza di boxe e arti marziali, ndr), descritti dal quotidiano Corriere della Sera come “picchiatori di professione. Ragazzi sbandati con il culto della violenza pura. Ragazzi con precedenti per spaccio e lesioni”, sarebbero stati i principali aggressori. Il Messaggero aggiunge che non erano nuovi a risse, botte e minacce, tanto che in paese li avevano soprannominati “la banda di Artena”.
Gli autori dell’aggressione sono stati arrestati dai carabinieri poco dopo il pestaggio, si trovano in isolamento e sono accusati di omicidio preterintenzionale in concorso, aggravato da futili motivi. Secondo il racconto di un amico di Willy a FanPage.it il dramma “è nato tutto per un litigio tra terzi all’interno del locale per dei like a una ragazza. Francesco stava discutendo con alcune persone e ha tirato un pugno in faccia a qualcuno. Dopodiché Mario gli è andato dietro e ha tirato un altro pugno. Poi sono scappati e hanno chiamato Marco e Gabriele. Quando sono arrivati a piazza Italia, Willy stava salendo in macchina. Il tutto è durato circa dieci secondi, sono scesi dall’auto e hanno menato tutti quelli che si sono trovati davanti”.
E’ inutile girarci intorno: è una vicenda che sconvolge e lascia senza parole. Una vicenda che, per molti versi, ricorda quella di Emanuele Morganti, ucciso ad Alatri durante un pestaggio di gruppo nel marzo del 2017.
Da parte nostra la cautela è d’obbligo: l’indagine è aperta e la ricostruzione esatta dei fatti è ancora tutta da delineare. E se pur da un lato non si può ancora escludere che l’omicidio abbia avuto anche un movente razzista e che i quattro si siano accaniti su Willy anche per il colore della sua pelle, dall’altro non ci si può esimere dalla condanna senza attenuanti dell’uso spropositato di una violenza che è sempre più utilizzata fra i giovani come “banale” e “usuale” metodo di risoluzione dei conflitti.
E’ una esortazione a riflettere sulla diffusione della violenza al quotidiano, anche se non per forza connotata dal razzismo. E poi. Se da un lato, nelle prime ricostruzioni stampa, il movente razzista viene lasciato ai margini, concentrandosi invece sull’aspetto della “movida”, caricato nei contenuti con il mix alcol, droga e delinquenza, dall’altro si glissa sulla vicinanza dei fratelli Bianchi agli ambienti di estrema destra, tralasciando le eventuali connotazioni “politiche” del gesto. In questo senso, il modo in cui in queste prime ore viene trattato il caso, ricorda molto il “lavoro” fatto dai media in occasione dell’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi a Fermo nel 2016.
Willy era semplicemente un ragazzo come tanti. Poco importa la sua provenienza o la sfumatura del colore della sua pelle. Poco importa questa insistenza sul fatto di essere “un bravo ragazzo”. Chi in queste ore non sta facendo altro che “marcare” le “differenze” fra Willy e il resto del mondo, lo sta uccidendo una seconda volta.
Forse non si è trattato di razzismo, ma il beneficio del dubbio è necessario concederlo. E bisognerebbe chiedersi se gli aggressori fossero stati neri, quale sarebbe stata la reazione dell’opinione pubblica e dei social. Si è trattato di una violenza così assurda e cieca compiuta da giovanissimi che, al di là della condanna morale ampiamente giunta a mezzo social (anche con picchi di odio notevoli), merita una forte risposta ad altri livelli.
Alla famiglia di Willy vanno la nostra vicinanza e la nostra solidarietà.