19.000 persone fermate in due settimane, di cui più di un quarto cittadini siriani: sono alcuni dei dati diffusi da Statewatch relativi a ‘Mos Maiorum‘, l’operazione di polizia europea lanciata lo scorso ottobre 2014 dal governo italiano durante il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea (ne abbiamo parlato qui). Secondo l’associazione londinese, che ha messo a confronto i report finali delle ultime operazioni, il numero dei fermati è raddoppiato rispetto alla precedente operazione Perkunas (10.459 fermi in due settimane), e addirittura quadruplicato in confronto all’operazione del 2012, Aphrodite (5.298 fermi in due settimane).
Proprio nel report finale dell’operazione Mos Maiorum, redatto dal Consiglio dell’Unione Europea, si evidenzia che “i cittadini siriani sono stati quelli maggiormente identificati (5088 persone), seguiti da afghani (1466 persone), serbi (in particolare kosovari, 1196) ed eritrei”. Poco più di 11mila le richieste di protezione internazionale presentate dopo l’intercettazione dagli stranieri controllati. Il report non esplicita invece, esattamente come i documenti relativi alle precedenti operazioni, il numero degli agenti coinvolti. Piuttosto, sottolinea che “per motivi sconosciuti Mos Maiorum ha catturato l’attenzione dei mass media, che hanno etichettato l’operazione come un’azione finalizzata all’arresto dei migranti, nonostante gli obiettivi fossero l’individuazione di reti criminali coinvolte nel favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e il monitoraggio dei percorsi usati dai trafficanti. Un obiettivo raggiunto, visto che sono stati fermati 257 trafficanti”, si legge nel report. In realtà, per conoscere quelli che dal Consiglio vengono definiti “motivi sconosciuti” si potrebbe fare riferimento proprio ai dati: basta infatti confrontare il numero dei trafficanti arrestati (257, di cui 53 fermati alle frontiere esterne e 204 ai confini interni), e quello dei cittadini stranieri fermati, appunto più di 19.000. Del resto, lo stesso Statewatch sottolinea che nel documento di avvio dell’operazione di polizia uno degli obiettivi dichiarati era proprio “arrestare i migranti irregolari”.
Inoltre, un’altra critica mossa dai media all’avvio di Mos Maiorum riguardava il rischio di incorrere in quello che in inglese viene definito racial profiling, di fatto una schedatura su base etnica. Un rischio che almeno sulla carta si era cercato di evitare: con l’avvio dell’operazione si raccomandava agli stati partecipanti – tutti i membri dell’Unione Europea, ad eccezione di Croazia, Grecia e e Irlanda – di “portare avanti le attività nel pieno rispetto della dignità umana, mantenendo i più alti standard di professionalità e rispetto dei diritti umani, evitando ogni trattamento discriminatorio e avendo cura dei bisogni speciali dei gruppi vulnerabili”. Raccomandazioni che, stando a quanto riportato da Statewatch, non sembrano essere particolarmente servite: riprendendo alcune delle segnalazioni raccolte tramite la campagna Map Mos Maiorum, l’associazione evidenzia che nelle operazioni di controllo e fermo ci sarebbe stata una forte presenza, da parte delle forze dell’ordine, di comportamenti discriminatori e stigmatizzanti.
Un gruppo di europarlamentari, tra cui l’italiana Barbara Spinelli, ha scritto una lettera aperta criticando “lo scaricamento di responsabilità messo in atto dal Consiglio dell’Unione Europea”: alle richieste di chiarimento su Mos Maiorum, il Consiglio avrebbe risposto che l’operazione è stata condotta sotto la responsabilità del governo italiano. In realtà, come ricordato dagli europarlamentari, l’operazione di polizia europea fu lanciata a ottobre dalla presidenza italiana, allora a capo del semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, e l’operazione Mos Maiorum fu concordata durante la definizione del programma di lavoro del Consiglio. Infine, come sottolineato anche da Asgi – che definì l’operazione un’azione politica “miope e disumana” – secondo quanto contenuto nella proposta trapelata lo scorso 10 luglio gli Stati membri dovevano confermare la propria partecipazione anche al Segretariato generale del Consiglio: un aspetto che conferma il coinvolgimento dell’istituzione europea in questa operazione.