Pubblichiamo e diffondiamo volentieri il comunicato stampa congiunto redatto dai rappresentanti della Rete Antirazzista Catanese, insieme a ADIF, Borderline Sicilia, Campagna LasciateCientrare, Catania Bene Comune, con il quale si rende noto il contenuto dell’incontro tenutosi in Questura a Catania con i responsabili regionali di Frontex. Le associazioni e gli operatori umanitari presenti hanno sollevato vari dubbi e criticità rispetto al funzionamento dei cosiddetti “Hotspot”, al trattenimento per il prelievo delle impronte congiunto all’uso della forza, oltre che rispetto alla grave pratica di differenziazione al momento dell’arrivo tra “migranti economici” e profughi insieme a quella dei respingimenti differiti.
Giovedì 14 gennaio si è svolto a Catania, presso la sala stampa della Questura, un incontro tra le associazioni, i rappresentanti della stessa Questura, con la dott.ssa Paglialunga, e il dott. Nicolao, responsabile regionale di Frontex. Al confronto hanno partecipato rappresentanti della Rete Antirazzista catanese, ed invitate da quest’ultima, dell’associazione Catania Bene Comune, della Campagna LasciateCientrare, dell’Associazione Borderline Sicilia, dell’Associazione ADIF (Diritti e frontiere).
Nicolao ha esposto i compiti e le funzioni di Frontex prima in generale e poi specificamente in Sicilia dove sono presenti dal mese di luglio del 2015, insistendo sulla prassi sostenuta dall’Agenzia tendente al prelievo delle impronte digitali a tutti i migranti sbarcati dalle navi che li hanno soccorsi, sia negli Hotspot ( Lampedusa e Trapani) che nei porti di sbarco. La sede di Frontex di Catania, che dovrebbe avere il ruolo di coordinamento degli agenti Frontex presenti in Sicilia, non sarebbe ancora aperta perché nell’ex convento, concesso dall’amministrazione comunale, ci sarebbero ancora dei lavori di ristrutturazione da completare.
In mare gli agenti di Frontex supportano le forze dell’ordine italiane:
Dopo alcune domande da parte delle associazioni presenti ha quindi spiegato che
• l’operazione Triton dispone di mezzi aerei e navali, che sono comunque sempre sotto il comando delle autorità italiane, coordinati dal comando della Guardia di finanza a Pratica di Mare.
• Le loro priorità sono la individuazione dei mezzi in mare per effettuare salvataggi e l’identificazione di tutte le persone che vengono soccorse.
• A proposito delle navi utilizzate ha spiegato che vengono fornite dagli stati membri a seguito delle valutazioni e indicazioni di Frontex.
• Se i mezzi utilizzabili nell’operazione Triton non bastano Frontex richiede agli stati i mezzi che occorrono per le attività dell’Agenzia, che sarebbero quindi ricomprese all’interno dell’operazione Triton e finanziate dall’Unione Europea.
A terra gli agenti di Frontex supportano le forze dell’ordine italiane fornendo:
• screening experts: cercano di capire le nazionalità dei migranti attraverso domande poste con l’aiuto di mediatori culturali.
• esperti per supporto impronte: supporto alla polizia scientifica per i rilievi delle impronte digitali e per i fotosegnalamenti
• esperti per supporto debriefing: interviste volontarie e anonime che non influenzerebbero le eventuali procedure di asilo, né varrebbero come dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, ma sarebbero finalizzate solo a raccogliere informazioni sui viaggi e sulle rotte seguite.
• supporto per procedure relative a migranti economici: rimpatrio, acquisizione dei documenti di viaggio, supporto finanziario all’Italia.
Il rappresentante di Frontex ha tenuto a sottolineare che l’Agenzia rispetta i diritti fondamentali: un operatore esperto di diritti umani monitora l’operazione Triton e l’agenzia si rivolge al Consultant forum (che comprende ong, Unhcr, Oim, Save the Children ecc) che darebbero raccomandazioni in modo indipendente.
Ha poi ribadito che Frontex è a favore delle identificazioni forzate perché chi non si fa identificare “ha qualcosa da nascondere”. Devono garantire sicurezza dell’Europa e devono scovare i terroristi e i “foreign fighters”. Le identificazioni con il ricorso all’uso della forza sarebbero realizzate in momenti diversi con una prima fase basata sull’informazione ed una seconda fase, per chi si rifiuta, che prevede anche il trasferimento in altre strutture, comunque le attività di prelievo delle impronte sarebbero sempre demandate alla polizia italiana.
Il rappresentante di Frontex ha sottolineato che l’Agenzia con il suo personale, dà solo un supporto operativo alle autorità italiane.
Gli interventi delle associazioni e degli operatori umanitari presenti hanno sollevato vari dubbi e criticità relativamente a :
• Hotspot, trattenimento per il prelievo delle impronte, ricorso all’uso della forza e mancanza di qualsiasi base giuridica
• Differenziazione al momento dell’arrivo tra “migranti economici” e profughi attraverso il cd. “foglio notizie”, che contiene domande fuorvianti e non chiarisce bene la differenza tra migranti economici e richiedenti asilo
• Respingimenti differiti, con intimazione a lasciare entro sette giorni il territorio dello stato ed abbandono anche in aperta campagna (Agrigento) di persone prive di mezzi di sussistenza e di documenti
• Non funzionamento delle relocations e dunque situazione di tensione negli Hotspot
• Rimpatri con accompagnamento forzato, a pochi giorni dall’ingresso nel territorio per motivi di soccorso, in particolare dei nigeriani e degli egiziani, anche con riferimento ai “voli congiunti” effettuati con cadenza mensile da Roma Fiumicino a Lagos
• Regolamento Dublino, mancata applicazione della clausola che consente il ricongiungimento familiare
• Detenzioni prolungate in centri di accoglienza di varia natura, come il CSPA di Pozzallo, dove sono pure presenti agenti di Frontex e che dovrebbe diventare un Hotspot, senza alcuna convalida giudiziaria
• Modalità di cooperazione di mezzi inclusi negli assetti Frontex con mezzi che partecipano all’operazione Eunavformed, con particolare riguardo agli interventi ai limiti delle acque territoriali libiche ed alle connesse esigenze di svolgere anche attività di ricerca e salvataggio
Alle diverse questioni poste in modo articolato, le risposte fornite dal rappresentante di Frontex, in base a dati contenuti anche nei documenti ufficiali dell’Unione Europea, possono essere così riassunte:
• Frontex auspica che entrino in funzione al più presto tutti gli Hotspot previsti (in Sicilia 5) e che l’Italia regolamenti il tutto perché a livello europeo non ci sono norme direttamente vincolanti che disciplinano questa materia nei dettagli operativi
• è previsto un rinforzo di Frontex, con una maggiore presenza di agenti, anche a seguito del lancio della nuova Polizia di frontiera e della nuova Guardia Costiera europea
• a Trapani nell’hotspot di Trapani Milo, avviato il 28 dicembre scorso, operano 4 agenti di Frontex e due funzionari di Easo
• a Pozzallo nel vecchio Cpsa, nel quale esiste da novembre una postazione fissa di Frontex, e che a breve dovrebbe diventare Hotspot, è prevista la presenza di almeno 12 agenti di Frontex e di due funzionari di Easo
• a Lampedusa nel Centro di primo soccorso e accoglienza di Contrada Imbriacola, definito come Hotspot, operano 17 agenti di Frontex ed un funzionario di Easo
• Non è chiaro quando apriranno gli altri due Hotspot previsti in Sicilia ad Augusta, dove ci sarebbero opposizioni a livello amministrativo locale, ed a Porto Empedocle (Agrigento).
• l’HUB di smistamento di Siculiana ( Villa Sikania) per chi va in accoglienza dopo avere rilasciato le impronte e presentato una domanda di asilo, o eventualmente di rilocazione, non è una struttura adatta, ed il CARA di Mineo nel quale non opererebbero agenti di Frontex ha un futuro incerto che dipende dalle autorità italiane
• relativamente alla revisione del Regolamento Dublino e alle operazioni di relocations il rappresentante di Frontex ritiene che chi fugge dalla guerra non può scegliersi il posto in cui chiedere asilo (a parte i legami familiari già previsti dal regolamento). Ha detto che per convincere i migranti che non vogliono farsi identificare, e per accettare le operazioni di rilocazione, organizzano delle chiamate skype con qualcuno che è stato rilocato che gli può raccontare in positivo l’esperienza
• ha infine attaccato aspramente MSF per il rapporto sul CPSA di Pozzallo dicendo che sono tutte bugie e che MSF l’ha scritto solo per reazione al mancato rinnovo della convenzione con la prefettura. Lo stesso rappresentante di Frontex ha affermato che loro operano da tempo all’interno del CSPA di Pozzallo e che quello che viene descritto nel rapporto non corrisponde al vero.
• Dagli interventi dei rappresentanti della Questura e di Frontex si è anche rilevato che gli operatori che in precedenza facevano parte del progetto Praesidium, oggi ancora impegnati sulla base di diverse convenzioni con il Ministero dell’interno (Save The Childrem, OIM, UNHCR), intervengono solo quando riescono ad essere presenti, magari facendosi vedere allo sbarco, con audizioni collettive, ma senza raggiungere singolarmente i migranti, per il ridotto numero di operatori e per la cronica mancanza di interpreti.
Il giorno successivo all’incontro si è verificato l’ennesimo sbarco di migranti nel porto di Catania e si è avuta conferma delle modalità operative anticipate dal rappresentante dell’Agenzia durante l’incontro. Particolarmente penosa la situazione dei migranti intirizziti dal freddo, ancora avvolti nei teli anticongelamento, in fila sotto la pioggia, davanti ai gazebo nel quale venivano sottoposti al prelievo delle impronte. In questa prima fase non si sono verificati casi di ricorso all’uso della forza, ma il porto era blindato, ed erano presenti solo forze di polizia, con una totale esclusione degli operatori volontari che in passato avevano contribuito ad una accoglienza più umana dei migranti.
Il nuovo anno di sbarchi in Sicilia si è aperto all’insegna di una stretta sulle vite e sui percorsi dei migranti e di chi li assiste. Le prassi di polizia anticipano decisioni per le quali a Bruxelles si cercano ancora le basi legali. Tutta l’attenzione si concentra prima sul prelievo delle impronte digitali, e poi sulla individuazione dei cd. migranti economici, in vista dei respingimenti collettivi, una raffica di provvedimenti immotivati che crea nuove schiere di “clandestini” e che solo in un numero limitato di casi sono attuati con accompagnamento forzato in frontiera.
Le associazioni ribadiscono la loro netta opposizione verso la militarizzazione della prima accoglienza, e ribadiscono i loro dubbi sulla legittimità del trattenimento prolungato ai fini del prelievo delle impronte digitali, ed il ricorso all’uso della forza da parte della polizia nei confronti di chi si rifiuta di rilasciare le proprie impronte, all’esclusivo fine di non subire le conseguenze dell’iniquo Regolamento Dublino.
• Chiedono con forza la sospensione immediata del Regolamento Dublino, la riconversione degli attuali Hotspot in Centri di primo soccorso ed accoglienza (CSPA) con il pieno coinvolgimento di associazioni e mediatori culturali e linguistici indipendenti, sia agli sbarchi che nei centri di primissima accoglienza.
• Chiedono la fine della prassi amministrativa dei respingimenti collettivi adottati indistintamente dalle Questure siciliane, spesso solo sulla base della provenienza nazionale, ed il pieno accesso alla procedura di protezione internazionale, con la preventiva attività di informazione imposta anche dalle Direttive dell’Unione Europea che rimangono ancora disapplicate.
• Chiedono il ritiro delle circolari adottate dal ministero dell’interno (come quella del 6 ottobre 2015) che stabiliscono prassi prive di fondamento legale a livello nazionale per quanto concerne le modalità di trattenimento delle persone condotte o ristrette dalle forze di polizia all’interno degli Hot Spot o di altre similari strutture di primissima accoglienza nelle quali si realizzi una limitazione della libertà personale
• Sollecitano un rinforzo di missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, a fronte dell’inasprimento delle condizioni meteo marine e del peggioramento della situazione in Libia, anteponendo in ogni caso il salvataggio della vita umana in mare a qualunque altra finalità di natura militare.